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Anno santo 2025

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Un salmo ci fa pregare: «Signore, eri per loro un Dio che perdona, pur castigando i loro peccati» (99,8). Il perdono non toglie il “castigo”: noi diremmo i frutti del peccato, le sue conseguenze.

Quando il profeta Natan riuscì a convincere del suo peccato il re Davide, questi si pentì e chiese perdono. L’ottenne, perché Dio perdona per manifestarsi come vero padre. Tuttavia al re fu dato il castigo per il peccato: «Poiché con quest'azione tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire» (2Sam 12,14).

In seguito Davide volle fare il censimento del popolo, per sapere di quanti soldati avrebbe potuto disporre. Il capo dell’esercito, Joab, fece notare al re che ciò significava porre la fiducia nelle forze umane anziché in Dio: un atto di sfiducia verso di lui, un peccato molto grave. Davide non gli diede retta e ordinò che si concludesse quel censimento. In seguito si ricredette: si pentì e chiese perdono. L’ottenne di nuovo, perché Dio perdona per rivelare il suo amore. Tuttavia anche questo peccato ebbe conseguenze: arrivò la peste in tutto il paese, tanto che molti morirono (2Sam 24,10-15).

La remissione non poteva essere completa: il Salvatore infatti non aveva ancora vinto il Maligno e non era risorto da morte per i peccatori: questi non potevano ancora unirsi a lui per offrirsi al Padre.

Ecco, perché chie

diamo le indulgenze: un dono oltre il perdono, che Gesù può offrire a chi gli presenta il cuore purificato.

Qparaliticouando Gesù, a Cafarnao (Mc 2,1-12), vide la fede di quelli che dal tetto gli calavano nella stanza il paralitico, gli manifestò subito il perdono del Padre. Ma quegli rimase infermo.

Ci volle un altro intervento di Gesù.

Quell’uomo con decisione a tutti i costi aveva voluto arrivare alla sua presenza, tant’era forte il desiderio di essere con lui. Perciò Gesù manifestò tutta la misericordia del Padre donandogli di ricuperare anche la salute: per rivelò così in se stesso la pienezza della gloria di Dio. La fede di quell’uomo era tale da non voler più vivere senza di lui, come si sarebbe pure impegnato il paralitico di Gerusalemme (Gv 5,14).

Ecco l’indulgenza: vivendo come testimone di Gesù, l’uomo è rifatto nuovo, come appena plasmato dal Padre creatore: ricuperato del tutto.

Nella parabola del padre fedele (Lc 15,11ss), il figlio peccatore, quando soffre la fame, decide di chiedere perdono. È proprio la fame che lo spinge all’umiltà.

Al padre si limiterà a chiedere di essere accolto tra i servi, che comunque hanno sempre da mangiare.

Il padre, appena lo vede, gli corre incontro e lo bacia. È arrivato il perdono.

È stato perdonato, ma il suo vestito emana ancora l’odore del porcile, i suoi piedi nudi sono disturbati dalle spine e dai sassi: la dignità di figlio non è ancora riconosciuta.

Quando il giovane manifesta al padre il pentimento, non chiede più di essere accolto tra i servi: è segno che l’amore ricevuto nel perdono del padre gli ha fatto desiderare di ottenere di nuovo di essere figlio a tutti gli effetti, anche sociali. Non sarà più un figlio che vanta diritti, perché ora sa che la vita ricevuta dal padre è amore.

Non è più il bisogno di pane che lo stimola: è l’amore; ora egli vuole rispondere all’amore ricevuto. La sua statura spirituale è maturata.

Ecco il dono inaspettato: indosserà un vestito nuovo pulito, avrà i sandali ai piedi, porterà l’anello al dito, segno di fiducia ricuperata: è figlio, come prima, meglio di prima. E vien preparata la festa.

Ora egli è diventato la gioia del padre, e per questo d’ora in poi vivrà con lui e per lui.

Noi cosa diremmo? È arrivata per lui l’indulgenza plenaria!

 

***

Io sono peccatore? Essere peccatore mi pesa?

Ho rimorso? Soffro per il ricordo dei miei peccati?

Per qual motivo chiederò perdono?

Quando chiederò perdono verrò perdonato: Gesù e il Padre mi perdonano. E io sarò contento, felice. Ma… c’è di più.

Il peccato infatti ha indebolito la mia volontà, nella mia memoria inconscia è rimasta la propensione a ripetere il peccato e una ancora debole repulsione ad esso. La mia capacità di donarmi per essere tutt’uno con Dio si è affievolita.

Per rimediare a questi danni non basta il perdono. No, perché la motivazione per cui lo chiedo è egoistica: lo chiedo per il mio benessere, per non essere tormentato da rimorsi, o per non avere inimicizie.

La conversione e la santità non sono ancora completate in me: non mi rendono impegnato a far sì che sia santificato il nome del Padre, che venga il Regno di Dio, che si compia la sua volontà, a mettermi a disposizione di Gesù per la sua Chiesa.

Ricuperare tutto del tutto è dono che riceverò da Gesù: arriverà quando offrirò tutta la fiducia a lui, quando in ogni cosa dipenderò da lui, in modo che egli nel mio cuore sia al primo e all’unico posto.

Il perdono, come l’ho ricevuto, non è tutto: se io l’avessi desiderato e chiesto per amore di Gesù soltanto, e per divenire tutto suo, avrebbe portato un frutto più maturo e completo.

Il mio amore per il Signore dovrà tornare come agli inizi, quando mi sono convertito. Dovrei non sentirmi dire più dal Signore: «Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore» (Ap 2,4).

***

Che cos’è l’indulgenza? È un dono che ricevo dal Signore: un dono di grazia, che sarà riversato in me quando la purificazione del mio «vaso di creta» sarà avvenuta. Accogli il perdono con il dolore perfetto, l’indulgenza con l’amore perfetto!

***

Mi vengono perciò proposte delle opere per essere pronto ad accogliere l’indulgenza, anzi, mi vengono offerte come aiuto affinché Gesù ritrovi il posto che gli spetta nel mio cuore, nei miei pensieri e nelle mie azioni.

Le opere che potranno perfezionare la mia disponibilità a lui, potranno essere; un ritiro spirituale o un corso di esercizi spirituali, che mi stimoleranno e mi faranno avanzare nella conversione, oppure una qualche ora di adorazione vissuta con fede, o un pellegrinaggio seriamente partecipato. Nell’Anno santo mi vien proposto di passare la Porta santa di una chiesa giubilare.

Queste ‘opere’ non sono ‘cose da fare’, bensì eventi da vivere, eventi che segnino un rinnovamento nella fede e nell’amore.

Affinché queste opere che mi preparano a ricevere l’indulgenza siano efficaci, celebrerò il sacramento della Confessione dei peccati - («Chi nasconde le proprie colpe non avrà successo; chi le confessa e cessa di farle troverà indulgenza» Pro 28,13) - e il sacramento della Comunione al Corpo di Cristo, con un’unione forte con Gesù, Figlio di Dio. Professerò l'adesione rinnovata e convinta al Credo della Chiesa, formulerò la preghiera umile al Padre, e, pregando per il Papa, esprimerò sia la riconoscenza che la volontà di essere in comunione con tutti i credenti della Chiesa santa.

Mi sarà concesso così di ricuperare in santità, la stessa vissuta da Maria Ss.ma, dai santi Apostoli e dai nostri Patroni.

Se la mia conversione a Gesù non s’irrobustisse, l’indulgenza sarebbe ancora per strada: partita sì dal cuore generoso del Padre, ma non ancora arrivata al mio.

***

Chiedere e ottenere l’indulgenza per i defunti? Quando mi converto a Gesù, e a lui offro amore e la fatica dell’ubbidienza, che è benedizione, egli dovrà ascoltare la mia preghiera unita a quella della Chiesa: lo ha promesso. Donerà grazia e mostrerà il suo Volto anche ai Defunti per i quali intercedo chiedendo purificazione e pienezza di Vita.

Signore Gesù, confido in te!

don Vigilio Covi