ME
NU

Lo chiamerai Gesù

Sguardo tenero di Madre, sicuro e dolce grazie alla benedizione del Figlio. Sguardo che penetra, per consolarmi o rimproverarmi: in ogni caso per amarmi!

Lo chiamerai Gesù

Meditazioni sul primo capitolo del Vangelo secondo Matteo


Leggere il Vangelo lo si può fare in molti modi. Proviamo a leggerlo non come un racconto a lieto fine, non come una favola con la morale conclusiva, non come una serie di buone regole migliori di qualsiasi galateo, non come… No, lo leggiamo con l’attenzione di chi sa di trovare in esso la trama della propria vita, della propria vita vera, quella che Dio ci ha dato e aspetta che viviamo, in attesa di quella che verrà! Quando Gesù veniva nel mondo veniva per me. La sua vita è la luce che serve per capire la mia vita. Proviamo ad aprire in questo modo il primo vangelo. Ci fermiamo al primo capitolo, semplicemente per mancanza di tempo… Ognuno potrà continuare in questo modo a leggere tutte le altre pagine.

Don Vigilio Covi

Copertina: Antipendio altare, XVII sec., Vasio. 

Maria è lieta di presentarci il dono di Dio che lei ha ricevuto, Gesù figlio di Dio, nella sua vera umanità. Ce lo presenta nudo, proprio perché lo accogliamo nella concretezza del suo essere qui per noi, e come noi. 

 

1.

GENEALOGIA di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. (Mt 1,1-17)

Non mi sono mai occupato seriamente di disegnare il mio albero genealogico. Mi sono accontentato di sapere il nome di mio bisnonno: e anche questo sapere ora lo ritengo curiosità che non aggiunge nulla al significato della mia vita e al valore delle mie azioni.

La mia storia e la formazione del mio carattere e delle mie buone o cattive inclinazioni affonda le sue radici nella storia dei miei genitori e quindi dei miei avi. È una storia di uomini peccatori, il cui peccato è stato redento già in loro dal sangue di Gesù. Questa redenzione li ha resi portatori pure della santità di Dio e della sua fedeltà. Se essi non fossero stati perdonati, allora sì il loro peccato graverebbe ancora su di me. E cosa potrei fare? Potrei soltanto invocare su di esso il sangue del Signore Gesù! Questo è il sangue che entra nella mia storia portandovi novità. Questo è il sangue di cui mi voglio occupare, il sangue cui non posso rinunciare. Il sangue di Gesù Cristo è quello che con potenza entra nella mia genealogia e le dà valore e significato!

Sono perciò contento che Matteo si occupi per me del sangue di Gesù.

La sua venuta nel mondo non è stata come la caduta di un meteorite. Egli è entrato nella storia come ogni uomo: il suo venire è stato perciò preparato da secoli, preceduto da coloro che avevano bisogno di lui, che lo attendevano, che ne sognavano la presenza! Matteo ci fa ridiscendere di padre in figlio fino a Gesù cominciando da Abramo. L'inizio da Abramo potrebbe essere un altro punto di partenza per risalire fino ad Adamo, ma Matteo comincia volutamente con colui che è il padre della fede nel vero Dio vivente. La vita di Abramo è significativa perché egli crede con una fede nuova, mai vista, nel Dio che lo ha fatto suo amico. Partire da Abramo è partire dalla fede. La genealogia di Gesù affonda le sue radici nella fede forte e generosa di Abramo. Il sangue umano di Gesù riceve il suo valore dagli atti di fede obbediente del capostipite!

Duemila e più anni di storia separano Abramo da Gesù. Duemila anni in cui le generazioni si susseguono regolarmente segnate tutte dalla debolezza umana, dalla tentazione presente e spesso accolta, di diffidare di quel Dio che non si vede, di disobbedire alla parola di quel Dio che parla senza mostrarsi, di vivere come se Colui che ha segnato l'inizio della storia si fosse poi così integrato in essa da renderla divina. E invece le generazioni così illustri, partite da un capostipite così eccezionale, sono talmente normali da esser segnate addirittura dal peccato. Matteo non prova vergogna nel far menzione dei comportamenti meno gloriosi degli antenati di Gesù! Quattro donne straniere legano l'albero di Gesù ad altri popoli, popoli pagani. E il comportamento discutibile di Giuda - figlio di Giacobbe - e quello chiaramente peccaminoso di Davide mostrano come le radici della storia di Gesù siano le stesse di chiunque di noi. La serie dei re che seguono Davide sono quasi tutti quelli ci cui è detto: “Fece ciò che è male agli occhi del Signore”.

Le varie generazioni sono chiuse dal nome a noi familiare di Giuseppe, e da lui Matteo ci fa fare il salto a Maria, che concepisce senza concorso d'uomo. La genealogia di Gesù è tutta segnata dal peccato, egli entra in questa storia bisognosa di purificazione, ma il suo sangue è puro. Il suo sangue viene solo da una donna che ripete l'abbandono fiducioso della fede di Abramo. Questo è il sangue che rende prezioso il mio sangue, l'unico sangue cui non posso e non voglio rinunciare. Posso dimenticare la mia genealogia perché nella mia storia è entrata la storia di Gesù.

E la genealogia di Gesù, nonostante sia segnata dal peccato dell'uomo, è tuttavia ordinata dalla sapienza e dalla fedeltà del Padre. I nomi degli antenati sono raggruppati tre volte nel numero di quattordici. Matteo stesso si meraviglia che ogni gruppo di quattordici formi un capitolo significativo della storia del popolo: da Abramo a Davide, da Davide alla sofferenza della deportazione, da questa a Gesù. Tre volte risuona il numero di quattordici, il numero delle lettere ebraiche che formano il nome del re Davide, il cui Regno viene ora posto sulle spalle di colui che viene! L'ordine così armonioso è un segno sicuro che tutta la storia dell'uomo, nonostante il suo disordine e il suo peccato, non può sfuggire alla mano benedicente di Dio! Tre volte quattordici può essere tradotto anche con sei volte sette: e questa sequenza ci mette in attesa della settima settimana di generazioni, la settima, cioè quella che porta a perfezione le generazioni umane. Gesù è l’inizio della nuova storia dell’umanità.

Padre santo e giusto, tu vuoi riscattare la storia di infedeltà e disobbedienza dell'uomo attraverso il Sangue di Gesù, tuo Figlio. Egli è tutto tuo, ed è uno di noi. Ti ringraziamo perché per preparargli un corpo, quel corpo che Egli ti ha offerto, hai adoperato la storia degli uomini, la nostra povera e fragile storia. Questo tuo modo di fare sostiene la mia speranza e la certezza che tu ci ami sempre, con un amore vero, un amore misericordioso e fedele!


  1. “Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo.”(Mt 1,18)

L’apostolo Matteo, volendo narrare l’avvenimento più sconvolgente della storia, vi si accinge con grande umiltà. Io mi vergogno di fronte a lui, perché già parto con l’idea di scrivere una meditazione usando il grande silenzio con cui egli accompagna le sue poche parole. Chiedo perdono a Gesù e al suo servo evangelista per questa presunzione che, come tarlo, vorrebbe rovinare il gesto di obbedienza che sto per compiere.

Gesù Cristo è “nato”: colui che le grandi generazioni elencate in precedenza hanno preparato, eccolo, è venuto, è entrato nel mondo con una “nascita”. La sua nascita appare normale agli occhi degli uomini. Pur essendo ogni nascita un grande miracolo, esso appare un avvenimento normale, perché è sperimentato da ogni uomo e da ogni donna presenti sul nostro pianeta. Anch’io sono “nato”. Quell’avvenimento ormai lontano è stato del tutto inconsapevole per me. L’ho vissuto senza volerlo. È stato un avvenimento accolto, accolto come un dono da parte di mia madre e di mio padre, dei miei fratelli e di quanti li circondavano.

I miei genitori lo attendevano e lo preparavano, lo temevano come si teme l’ingresso di Dio nella nostra vita. Sì, lo temevano, perché non possiamo indovinare che cosa ci può chiedere Colui che regge il mondo e tiene in mano le sorti di tutti. Egli non pensa solo a me, egli pensa a molti, e pensando a me tiene presente il bene di molti. A me può non solo donare affetto e gioia, ma può chiedere partecipazione al suo “faticare” per dare a questo mondo l’aspetto di una casa accogliente per tutti. Mia madre e mio padre temevano senza paura il “miracolo” della mia nascita. Lo temevano come l’inizio di un impegno nuovo, come la prova del loro amore reciproco, come l’avviarsi di nuove fatiche, di incognite senza fine, come il principio di una catena di decisioni da prendere, decisioni che avrebbero segnato per sempre la vita di una nuova creatura di Dio!

Era un timore senza paura, perché accompagnato dalla certezza che Dio s’è fatto uomo, che Dio stesso ha attraversato questo momento così carico di mistero e lo ha benedetto. Mia madre e mio padre si sapevano spettatori coinvolti e partecipi di un fatto che ha già toccato la vita del Figlio di Dio, e perciò non avevano paura.

Il timore, come percezione della presenza del Dio che ci ama, come espressione di fede e di amore a quel Dio che stava manifestando attraverso di loro la sua scienza e potenza, vinceva la paura: essa avrebbe soffocato la fede e spento l’amore. La paura era la tentazione dell’egoismo, il timore era frutto e custode della fede e dell’amore!

La mia nascita è avvenuta in questa lotta tra paura e timore, tra fede ed egoismo. Questa lotta produceva dolore e sofferenza, ed io ne ero al centro senza accorgermi: io la vivevo senza saperlo, ne ero il protagonista, non toccato né dalla paura né dal timore!

Gesù Cristo è nato. Gesù Cristo è stato protagonista, come me e come te, di una simile battaglia tra paura e timore! Egli, il “figlio di Davide, figlio di Abramo”, che portava nel mondo la realizzazione della promessa di benedizione divina per tutti i popoli, è entrato silenziosamente! Per lui vale la parola che adoperiamo per noi: nascita! Questa parola contiene, nascondendolo e rivelandolo, tutto il travaglio che prepara e accompagna e segue l’arrivo di ciascuno di noi.

Quello che io so della mia nascita mi aiuta a comprendere la sua. La sua nascita dà nuovo significato e immenso valore alla mia, la illumina rendendola dono meraviglioso, partecipazione alla sua vita di nuovo e vero Adamo. La sua nascita rende me immagine e riflesso del Padre, portatore nella mia carne del mistero della presenza qui su questa terra di colui che i cieli non possono contenere: il suo amore ha trovato un piccolo punto dove manifestarsi, dove illuminare e riscaldare!

Padre santo e buono, sono felice di poter contemplare la nascita del Figlio tuo, che tu ci fai chiamare “figlio di Davide figlio di Abramo”! la sua nascita, che egli ha vissuto come noi abbiamo vissuto la nostra, illumina ogni nostro passo e ogni bivio del nostro cammino. La sua nascita allontana e fa svanire le nostre paure, ci rende sicuri e sereni. Consapevoli del mistero che avvolge la nostra nascita, e di quello immensamente più grande che contiene la sua, cerchiamo di contemplarne e gustarne la bellezza. E così sul nostro volto e nei gesti delle nostre mani e nel muoversi dei nostri passi verso ogni uomo “nato” nel mondo, appare quel sapore divino che attrae a Te!

Grazie e onore a te, benedetto nei secoli!


3.

Sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. (Mt 1,18)

San Matteo non contempla la nascita di Gesù dal punto di vista di Maria, ma si sofferma a considerare le reazioni e le azioni di Giuseppe. Attraverso di esse veniamo aiutati a riconoscere chi è Gesù e quanto è grande e piena la sua relazione col Padre.

Maria è promessa sposa a Giuseppe. Deve essere accaduto ciò che ancor oggi accade in oriente. Già da ragazzina Maria è destinata dai genitori ad un giovane, che, quando sarà cresciuta, andrà a prenderla per portarsela solennemente a casa. La ragazza aspetta quel giorno con maggiore o minor gioia, sicuramente con poca consapevolezza di ciò che l’attende, con evidente imbarazzo per la novità della vita che altri stanno preparando per lei: stimolo questo ad abbendonarsi con fiducia al Padre.

Maria è all’alba della sua storia. nella sua mente e nel suo cuore c’è un nome, un nome con un significato profetico: “Dio ha aggiunto, Dio ha fatto un dono”! Il nome di Giuseppe ricorda il figlio prediletto di Giacobbe, quel figlio che è arrivato quando ormai il Patriarca stava rassegnandosi a non averne dalla moglie preferita. Dio ha fatto un dono!

È anche per Maria un dono di Dio l’uomo che attende con pazienza la sua crescita? Oppure lei stessa è un dono di Dio per il giovane che la sta pensando? I doni di Dio infatti sono sempre inattesi; sorprende sempre il Dio di Giacobbe! Egli è un Dio abituato a dare agli uomini dei compiti grandi prima di rivestirli di sapienza o di rallegrarli con la sua benevolenza. Così egli ha agito con i Patriarchi, così ha trattato Mosè e pure i profeti. Egli non cambia facilmente il suo modo di fare con gli uomini: conosce troppo bene il loro cuore e le loro tentazioni.

Il dono di Dio per Maria e quello per Giuseppe è certamente un dono nuovo, inatteso, insperato, un dono che anzitutto esigerà che essi esercitino fede e speranza e soffrano una specie di morte insospettata.

Eccolo il dono, un dono che arriva prima ancora che si compia il loro sogno, un dono che li unisce nella sofferenza e nella fede prima di ogni previsione: “Prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta…”. A questo punto l’uomo non capisce più nulla. E la donna non ha nulla da dire, perché ella non ha fatto nulla né in bene né in male. Il rischio è uno solo: che tutti pensino male, che tutti accusino, che tutti giudichino e condannino lei, che sa solo vivere in silenzio. “Dio ha fatto un dono”. È questo un dono di Dio? Un dono che porta un peso enorme sulle spalle di Maria, un dono che lascia Giuseppe senza fiato, senza gioia, senza parole e senza prospettive. Il dono di Dio è un figlio, è un bambino, è una vita che si sta preparando a venire alla luce. Un figlio è un grande dono, ma questo figlio sta arrivando in un modo nuovo, che gli uomini non conoscono: nessun altro figlio è venuto così! Non è prematuro il tempo in cui egli arriva? Non è imprudenza da parte di Dio farlo arrivare in questo modo? Gli uomini giudicheranno la madre come adultera, il padre come ingenuo e sfortunato, il figlio come figlio di peccato. Il dono di Dio mette a dura prova la fede e la pazienza sia di Maria sia di Giuseppe. È messa a dura prova la fiducia che Giuseppe nutre per la sua sposa. E il loro amore reciproco rischia di sfumare in un nulla, anzi, rischia di cedere il posto all’accusa, alla condanna e all’incomprensione perpetua.

Com’è strano il dono di Dio! Come sono strani gli interventi dello Spirito Santo! Maria e Giuseppe devono prendere decisioni del tutto indipendenti da quelle suggerite dal buon senso e dall’opinione comune. Essi si trovano a dover vivere soli davanti a Dio: non possono confidare a nessuno il proprio dubbio e il proprio turbamento.

*** 

Padre santo e buono, noi ammiriamo i tuoi modi di fare. Ora che abbiamo conosciuto il mistero della nascita del tuo Figlio, ti lodiamo e ti benediciamo perché hai messo Maria e Giuseppe nella condizione di esercitare una fede grande e impegnativa. Quella fede è l’atmosfera in cui tuo Figlio è nato, il calore in cui è stato accolto nella nostra umanità. Ti ringraziamo, Padre, perché a Nazareth, nel cuore dei promessi sposi Maria e Giuseppe, ci fai vedere le radici di quella fede che ha sostenuto Gesù negli anni della sua manifestazione e nei giorni del suo rifiuto da parte dei grandi.

Ti ringraziamo, perché il venire del tuo Figlio nel mondo in un modo così inaspettato, tiene il nostro cuore lontano da ogni pregiudizio e da ogni tentazione di condanna dei nostri fratelli!

Gloria a te, oggi e sempre!


4.

“Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.” Mt 1,19

Per incarnarsi nella nostra umanità Dio non ha scelto davvero le vie più semplici e nemmeno le meno problematiche. Questo fatto così grande e impensabile, così puro e ricco di frutti per tutta la storia, assume in sé le possibilità di decisione dell’uomo, le più difficili e coinvolgenti, le più sconvolgenti, quelle che richiedono una maturità e una libertà da tutto e da tutti, quelle che mettono l’uomo solo davanti a Dio.

Giuseppe, ignaro dei disegni di Dio, si trova a dover decidere proprio su di essi. Davvero grande la fiducia di Dio nell’uomo, infinita la sua umiltà. I suoi progetti più grandi vengono messi nelle mani d’un uomo, d’un uomo che non conosce nulla di essi, anzi, che deve interpretarli come fatti operati da chi vuole escludere la sapienza divina dalla propria vita.

Giuseppe vede la maternità di Maria, sua promessa sposa, e “deve” ritenerla come peccato. Egli non può e non vuole farsene complice. Egli è giusto: la giustizia di Dio deve risplendere nella sua vita! I voleri di Dio devono essere osservati dall’uomo. Egli è spettatore di un fatto che normalmente – cioè di norma – è frutto di peccato. Una ragazza non ancora in casa dello sposo, come può essere incinta? O lei ha tradito il futuro coniuge, oppure questi ha anticipato i tempi facendosi padrone di ciò che ancora non gli appartiene, ma gli è stato solo promesso.

Rimango davvero stupito e commosso di fronte a questo modo di agire di Dio. Egli manda il Figlio nel mondo, e questi dagli uomini viene subito associato al peccato. Lui, il purissimo e santissimo, viene visto dagli occhi dell’uomo peccatore come frutto di peccato. L’uomo ha davvero sugli occhi una trave che impedisce la vista, anzi, peggio, che travisa tutto. Questa trave è una lente deformante che fa vedere peccato dell’uomo l’atto d’amore più bello di Dio!

Giuseppe è un uomo. Anche nei suoi occhi è piantata la trave che rende invisibile la luce e riempie di tenebra. Anche Giuseppe corre il rischio che tutti gli uomini corrono. Ma egli è giusto. Il suo sguardo non penetra i misteri di Dio, ma il suo cuore è impregnato del suo amore. La sua intelligenza non arriva ad afferrare i segreti del cuore divino, ma il suo desiderio d’assomigliargli gli fa vincere i pensieri che lo porterebbero a generare sofferenza.

Giuseppe non riesce a vedere come opera di Dio ciò che l’uomo riesce solo a chiamare peccato dell’uomo, ma nella sua giustizia egli vuole rompere la catena del male. Il peccato, se esiste, non deve generare morte. Egli perlomeno non si presta a questo gioco del peccato! Eccolo quindi a decidere di salvare Maria dallo sguardo, dai giudizi, dalle accuse e dalla condanna degli uomini. Egli ama davvero Maria. Egli ama l’amore di Dio e consegna ad esso la ragazza incinta.

Il Figlio di Dio, venuto per salvare l’uomo dal peccato, giudicato egli stesso peccato, viene salvato da un uomo compassionevole e generoso. Ma Dio vuol chiedere a quest’uomo ancora di più. L’uomo disposto a dare a Dio qualche cosa è capace di dargli se stesso.

Padre buono e santo, come hai potuto pensare una via così difficile per il tuo Figlio? Una via che coinvolge in modi così pieni le capacità di valutazione e di decisione dell’uomo?

I tuoi sentieri sono davvero tortuosi e la tua sapienza in essi è davvero nascosta. Tu ci chiedi una fiducia veramente piena, completa! Eccomi, ora te la dono, con trepidazione e con gioia!

So che tu sei sorprendente e che hai solo pensieri di bontà, di una bontà più grande e completa di quella che io potrei immaginare potesse esistere!


5.

 “Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.” Mt 1,20

Giuseppe è l’uomo che vuole conciliare la giustizia con la misericordia; egli sa che con Dio non si deve trattare a cuor leggero, ma intuisce pure tutta la sua tenerezza e la sua compassione per le creature. Il caso in cui egli è coinvolto è di difficile, anzi di impossibile soluzione. Come è possibile vivere l’amore di Dio per gli uomini e insieme non ignorare il male che questi commettono in disobbedienza a lui?

Giuseppe sta meditando, sta rimuginando pensieri contrastanti: l’amore di Dio e il peccato di cui la situazione di Maria sembra essere manifestazione. Egli sta vivendo in vero conflitto interiore senza possibili soluzioni. Egli si trova solo, senza confidenti: non può manifestare a nessuno i propri pensieri. Non può presentarli a Maria, ne soffrirebbe troppo. Non può nemmeno far parola con altri: potrebbero far precipitare la situazione.

Dio ama chi pratica la giustizia, ama chi vuol fare la sua volontà. Ed ecco che Dio stesso interviene a favore di Giuseppe, per sciogliere il suo insolubile problema.

Dio interviene con semplicità: tratta Giuseppe come suo amico e gli manifesta semplicemente la verità. Come? Nessun segno straordinario, nessun colpo di scena. Solo un sogno.

Gli uomini fanno molti sogni. È normale sognare. Il sognare non dipende dal volere dell’uomo, nemmeno se porta alla luce aspetti del suo subconscio. Ci sono sogni che vengono dimenticati prima ancora di svegliarsi, ci sono sogni che vengono dimenticati dopo, ci sono sogni che danno tristezza alle ore del giorno e altri che rallegrano e lasciano il cuore contento! È un mistero anche il sogno nella vita dell’uomo, un mistero che invita all’umiltà. Attraverso il sognare ci rendiamo conto di non essere del tutto padroni di noi stessi, del nostro tempo, delle nostre energie, dei nostri progetti.

Giuseppe sogna. Il suo sogno c’entra e non c’entra col suo subconscio. L’argomento del sogno c’entra, ma non la risposta che ne riceve! L’angelo che apre la bocca nel sogno parla come tutti gli angeli del Signore. Egli ha un messaggio particolare, personale, preciso e rispettoso della realtà. Prima di dare spiegazioni egli dà un consiglio o un ordine. Questo è il modo di fare del Dio dell’Alleanza. Dio anzitutto chiede obbedienza, fiducia amorosa, perché la fede precede l’intelligenza. Poi viene la spiegazione, pienamente accettabile da colui che crede e, credendo, ama!

La prima parola dell’angelo è sorprendente: “Giuseppe, figlio di Davide!”. Perché lo chiama così? Questo titolo risveglia in lui la consapevolezza delle promesse che Dio vuole portare a compimento. Giuseppe non deve dimenticare ciò che l’uomo troppo spesso dimentica: la propria origine e l’amore con cui Dio si è legato alla propria famiglia. Non si possono capire e accettare gli interventi di Dio nella propria storia se non si accolgono quelli già avvenuti e che hanno plasmato il cuore e le volontà e i desideri dei propri antenati. “Giuseppe, figlio di Davide!”

Quanta tenerezza, quanta pace e quanta forza in queste parole che rendono vivo un lungo passato!

“Non temere di prendere con te Maria, tua sposa”: è ciò che Giuseppe voleva, ma che credeva di non poter fare. Nessun uomo lo potrebbe consigliare così, solo Dio! Il dubbio e la sofferenza angosciosa di Giuseppe si sciolgono: quale gioia! Quale pace! Certo, è un sogno. Ma già nel sogno egli ubbidisce a Dio, e l’angelo può perciò dire l’indicibile, il mistero, il fatto che renderà i saggi e i sapienti e i dotti muti e senza parole.

“Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. Un segreto simile può essere manifestato solo ai grandi amici, agli amici più fidati. Gli altri… potrebbero deridere non solo l’angelo di Dio, ma Dio stesso!

Giuseppe è amico di Dio, e per questa amicizia ha sofferto tanto: egli non ride del mistero che Dio gli svela! Giuseppe non prenderà Maria perché buona, fedele e brava! No, egli la prenderà perché appartiene a Dio e Dio gliela dà. Egli la prende perché Ella ha un figlio.

Per quel figlio la voleva rifiutare; ora che Dio ha parlato, per quel figlio la prende. È per Gesù, tutto per Gesù che deve accadere ciò che accade. Quel figlio è il centro della vita, egli è il centro dell’amore tra gli uomini! Gesù!

Grazie, Padre, perché hai adoperato la sofferenza, il dubbio, l’angoscia di Giuseppe.

Grazie, perché lo hai amato lasciandolo soffrire. In tal modo, non solo a lui, ma anche a noi riveli il tuo amore, il mistero della tua sapienza, i disegni della tua volontà.

Per donarci il Salvatore adoperi il cuore e l’anima dei tuoi amici: li provi e li consoli! Grazie, Padre giusto e santo!


«Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Mt 1,21

L’angelo continua a parlare nel sogno di Giuseppe. egli parla di tutt’e tre: dice cosa succederà a Maria, cosa farà lui, Giuseppe, e quale sarà la missione del figlio.

Maria partorirà un figlio: Giuseppe sapeva già che Maria doveva partorire, ma non sapeva che il nascituro sarebbe stato un maschio, un figlio di Davide!

Le parole che l’angelo adopera nel suo parlare a Giuseppe sono le parole del profeta: anch’egli aveva usato questi termini: la vergine concepirà, partorirà, sarà chiamato!

Giuseppe viene aiutato a collegare la propria storia di quei giorni così strani con le antiche profezie, sempre presenti nelle preghiere del suo popolo. Maria, la vergine che lui non ha toccato, partorirà un figlio. L’angelo non parla di colpe e di peccato di Maria: Giuseppe non avrà nulla da dover perdonare o di cui chiedere espiazione alla sua sposa. Egli invece si assumerà tutta l’autorità di padre: darà il nome al figlio che nascerà. Dare il nome significa accoglierlo pubblicamente come proprio figlio, dichiararsi suo padre, riconoscersi responsabile della sua vita.

Il nome che Giuseppe darà è pure suggerito dall’angelo nel sogno: è un nome comune nel popolo d’Israele, un nome pronunciato in vari modi con diverse accentazioni. Ma dalla voce dell’angelo questo nome riceve un valore immenso. Il nome dice ciò che esso in realtà significa. “Tu lo chiamerai Gesù!”.

Tu pronuncerai a voce alta che lui è il salvatore mandato da Dio. Tu dichiarerai che Dio finalmente dona la salvezza promessa, e lo farà attraverso quel bambino. Tu farai conoscere a tutti i mirabili disegni di Dio, tu ti coinvolgerai così tanto con la vita di quel bimbo da divenire suo profeta. Tu, che volevi rifiutare la madre di quel bimbo, sarai il primo a sostenerla, ad apprezzarla! Tu che non avresti mai voluto che quel bimbo fosse nato, sarai il primo a farlo conoscere a tutti, a proclamare che egli viene dal Dio dell’alleanza e della pace. 

Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati!

L’ultima frase del sogno è quella destinata a rimanere maggiormente impressa nella mente di Giuseppe. Essa è davvero un “sogno”!

Il bambino che nasce in modo da sembrare frutto del peccato, proprio lui invece salverà il suo popolo, così incline a giudicare e condannare, dai suoi peccati!

Che salvezza è questa? Salvare dai peccati. I peccati sono il grande abbaglio degli uomini, convinti di far bene a regolarsi secondo i propri istinti, secondo ciò che piace, secondo ciò che l’opinione comune ritiene giusto. I mali di un popolo provengono dai peccati, peccati di singole persone che diventano mentalità generale, costume di vita, cultura accettata.

Questi peccati, come tutte le azioni dell’uomo, hanno delle conseguenze. Le conseguenze dei peccati sono sofferenza, solitudine, diffidenza, amarezza, paura, morte. 

Come può un bambino, uno solo, salvare il popolo dai peccati? Per farlo egli dovrà realizzare un cambiamento di rotta generale, dovrà fare in modo non solo che tutti si pentano e chiedano perdono, ma anche che tutti comincino a ubbidire a Dio, a dar fiducia alla sua Presenza e alla sua Parola, che tutti rinneghino i propri principi, vadano contro i propri egoismi, si mettano a servire anziché a pretendere di essere serviti.

Come otterrà questo bambino un cambiamento così bello, vero sogno dell’umanità?

L’angelo non lo dice a Giuseppe. la risposta rimane segreto di Dio. Quel Dio che sta cambiando la sua angoscia in gioia sarà capace di salvare il popolo dai suoi peccati attraverso quel bambino!

Padre santo, grazie: tu realizzi il sogno degli uomini che ti hanno abbandonato, che hanno smesso di ascoltarti e sono precipitati nella disperazione e nell’incapacità di avere fiducia in te. Essi non si ritengono più in grado di camminare in armonia con te, ti credono arrabbiato con loro. Tu doni il tuo Figlio, il tuo Gesù. Egli realizza il sogno insperato!

Grazie per Gesù, Salvatore di tutti e di ciascuno!


7.

22 Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

23 Ecco, la vergine concepirà e partorirà un  figlio 
che sarà chiamato Emmanuele,

che significa Dio con noi.

L’evangelista ha terminato di raccontare il sogno di Giuseppe. È stato un sogno strano, un sogno che da una parte lo liberava da un incubo profondo, ma d’altra parte lo metteva nella condizione di prendere una decisione che gli avrebbe cambiato l’esistenza dalle radici, gli avrebbe cambiato le motivazioni e le finalità di tutto il suo vivere.

Il sogno è finito. Che cosa rimane? È stata una illusione? È stato un sogno come tanti sogni che finiscono come una bolla di sapone?

Le parole udite nel sogno si intersecano e si sovrappongono ad altre parole già presenti nel cuore e nella mente di Giuseppe: le parole dei libri santi, le parole misteriose e piene di luce che risuonano al Sabato nel silenzio della sinagoga. Il ricordo di quelle parole sicure, pronunciate con solennità dal lettore, parole che vengono dall’amore di Dio per gli uomini, dall’amore più vero che non può ingannare né illudere, quel ricordo dà al sogno un valore nuovo. Le parole del Profeta portano il sogno fuori dall’incertezza che la nostra ragione riversa solitamente sui sogni. Il sogno di Giuseppe, fecondato da queste parole, non è più un sogno, è rivelazione.

I disegni di Dio, imperscrutabili e santi, avvolti nella nube del mistero, sono rivelati all’uomo che per lunghi giorni e interminabili notti ha lottato con Dio. Le sofferenze di Giuseppe terminano con la gioia di questa rivelazione, che gli dà la certezza d’essere un amico di Dio, come Abramo, come Samuele, come Davide!

Se Dio gli manifesta i suoi disegni è perché lo ha scelto come amico! Anzi, di più: Dio non solo gli manifesta i suoi disegni, ma lo sceglie per collaborare a realizzarli. Egli è un amico fidato di Dio!

Giuseppe, svegliandosi col sogno nella mente e nel cuore, si ritrova come in compagnia degli angeli che scendono e salgono sulla scala che unisce la terra al cielo, la scala che Giacobbe, il patriarca, ha sognato molti secoli prima.

Quali sono le parole del Profeta che danno al sogno la consistenza di una realtà già entrata nel mondo e nella storia degli uomini?

Ecco, la vergine concepirà!

Chi ha mai udito quest’annuncio? Colei che non conosce uomo accoglie in sé la vita dell’uomo. Se la donna è vergine donde mai le viene la vita d’un uomo in grembo? Quell’uomo è davvero il nuovo Adamo, l’uomo plasmato dalla mano di Dio, l’uomo che porta intatta l’immagine del suo Creatore!

La vergine: colei che nessuno ha toccato!

Per il nuovo Adamo sia il grembo sia il sepolcro devono essere intatti, non toccati dall’uomo peccatore e dalla sua morte, salario del peccato. La vergine, profumata del suo amore puro, accoglie la vita che viene dalla santità di Dio, quella vita che non conoscerà gli odori della morte, ma che sarà avvolta dei profumi della letizia e dell’amore!

La vergine partorirà un figlio!

Quella vergine, che Giuseppe comincia a venerare, consegnerà il suo segreto agli sguardi stupiti di tutti gli uomini. Quello che Dio le depone nel grembo è come tutti i doni di Dio: un dono che trasforma la vita di chi lo riceve, in offerta, in sacrificio, in missione per molti altri! Quel dono non è destinato solo a lei: ella lo offrirà a tutti, e anche le sue mani e il suo cuore e il suo sguardo diverranno un unico sacrificio unito a lui!

Il figlio sarà davvero figlio: il figlio suo sarà figlio di Dio e sarà figlio di tutti: figlio dell’uomo! Egli vivrà obbediente a tutti, entrerà nel cuore di tutti coloro che vorranno, ubbidirà ai desideri più profondi del cuore dell’uomo: lo porterà alla pace!

Quel figlio “sarà chiamato Emmanuele”! Dio stesso lo chiamerà così: Tu sei mio figlio! Dio stesso testimonierà per lui: Tu sei mio figlio! Questi è il Figlio mio, l’eletto! Egli sarà la pace, perché sarà Dio con noi! Con noi colui che è nei cieli, colui che conta il numero delle stelle, colui che tiene in mano il mondo intero! Il bambino della Vergine è il Dio umile e grande!

Giuseppe continua il suo sogno ad occhi aperti. La gioia lo lascia colmo di stupore, e se la fede non fosse quella degli amici di Dio, sarebbe sopraffatto dal timore e dalla preoccupazione, dall’ansia e dal tormento della propria indegnità e incapacità.

Padre meraviglioso, ti rendo lode e ti benedico perché mi permetti di vedere i tuoi disegni e mi concedi di esserne partecipe. Hai scelto Maria, ragazza silenziosa, e Giuseppe, che l’amava, per far entrare il tuo Figlio in mezzo agli uomini, come uno di noi.

Hai scelto la strada nascosta, umile, la strada che richiede grande fede in te da parte di tutti, piccoli e grandi, semplici e dotti!

Gloria a te, oggi e sempre!


24 Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, 25 la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.

Per Giuseppe il sogno è realtà. Probabilmente anche per lui, come per noi, non tutti i sogni sortiscono gli stessi effetti. Questo sogno è uno di quei rari sogni che sono più veri di ciò di cui siamo spettatori da svegli. Già abbiamo capito il perché: le parole ascoltate nel sonno sono fondate nella Bibbia, hanno garanzia divina! Non ci meravigliamo quindi del comportamento di Giuseppe. Egli “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”. Agli angeli non si chiede il perché: forse nemmeno essi lo sanno. Se essi parlano è perché così è stato loro ordinato, e Colui che dà ordini agli angeli può e deve essere obbedito subito. Questa obbedienza non è mai sbagliata: Abramo è stato premiato da Dio perché aveva obbedito al suo angelo! Mosè ed Elia sono stati pronti ai cenni dell’angelo, e così patriarchi e profeti! Giuseppe è sicuro che un angelo gli ha parlato, e perciò mette da parte tutti i propri ragionamenti, i dubbi, le perplessità, i timori. Egli prese con sé colei che gli era stata destinata come sposa, la prese con sé senza chiederle nulla. Egli sa già tutto.

Entrando Maria nella sua casa, vi entra anche il Signore! Di questo Giuseppe ormai è sicuro! Il Figlio di Dio riempie la casa dell’uomo giusto, la riempie di pace e di silenzio.

E sarà sempre così: le case degli uomini in cui sarà accolta Maria si riempiranno di ogni grazia, di luce, di serenità: con lei entra in esse il Signore, colui che riempie l’universo, colui che porta in sé il significato di ogni realtà!

Entrando in casa Maria, vi entra la pienezza dell’amore: l’amore semplice, l’amore puro e casto, l’amore libero da condizionamenti, l’amore senza confini, quell’amore che è allo stesso tempo amore di Dio e del prossimo, l’amore che non abbisogna né di parole né di gesti per esprimersi e per comunicarsi.

Giuseppe lo percepisce, e non chiede nulla alla sua sposa. Egli ha capito che quella sposa è il segno dell’amore di Dio per lui e per tutto il popolo e per tutto il mondo. La presenza di quella sposa nella sua casa è già tutto: egli non ha bisogno di altro per sentire e godere l’amore. E la sua sposa non ha bisogno di gesti dell’uomo per conoscere l’amore: ella stessa ne è ripiena! Il Figlio di Dio presente in Maria disseta tutte le brame del cuore e dell’anima e del corpo dell’uomo! 

L’evangelista ci racconta con una semplice frase, che non ha ritenuto bisognosa di spiegazioni né di giustificazioni, la purezza e la pienezza dell’amore di Giuseppe per Maria: “senza che egli la conoscesse”! Con estrema delicatezza Matteo ci descrive fino a qual punto giunge l’obbedienza di Giuseppe all’angelo, il suo rispetto per Maria e per il suo impegno con Dio. Egli non la “conosce”. Con questo termine, con grande pudore, viene intesa quella conoscenza profonda generata dall’intimità sessuale, la conoscenza delle dimensioni più nascoste della vita personale individuale.

Senza che egli la conoscesse, partorì un figlio”. Giuseppe non potrà vantarsi di quel figlio: egli non c’entra! Eppure Dio ha voluto che egli fosse impegnato con questa nascita, la più bella nascita d’un uomo, la nascita del “più bello tra i figli dell’uomo”!

Per volere di Dio Giuseppe è accanto a Maria quando ella partorisce il figlio. Dio continua a comportarsi come ha sempre fatto nella storia del suo popolo: si nasconde all’ombra dell’uomo! Dio lascia che tutti credano che le sue opere sono compiute dall’uomo: solo chi vede oltre, chi contempla, chi usa “lo sguardo interiore”, chi medita le sue parole, può accorgersi della Presenza dell’Invisibile. Così egli ha agito con Patriarchi e Profeti, con Mosè, con Elia e con Eliseo.

Ora che il Figlio di Dio è nato, Giuseppe gli dà il nome, il nome dettato ancora da Dio. Giuseppe fa, sotto lo sguardo di tutti, quello che Dio ha fatto nei segreti dell’eternità: chiama quel bimbo Gesù! Gli dà il nome desiderato e atteso da Adamo! Gesù, salvezza di Dio, amore di Dio per l’uomo perduto, speranza esaudita gratuitamente!

Gesù, nome povero delle ricchezze umane, ricco della povertà di Dio! Gesù, nome dolce e forte, nome sicuro e stabile, nome sempre amato! Questo nome risuona dalle labbra di Giuseppe: è l’unica parola che esce dalla sua bocca! Tutto il racconto è ricco del silenzio di quest’uomo giusto e forte, e termina con l’unica parola che egli sa pronunciare, quella che l’angelo gli ha messo nel cuore durante il sogno più bello di tutti i sogni e più vero di tutte le realtà: Gesù!

Giuseppe, fammi udire la tua voce che pronuncia quel nome gioioso! Con quale tono l’hai fatto risuonare? Con timore, con gioia, con tremore, con sicurezza, sottovoce, ad alta voce, con umiltà, con soddisfazione, con affetto, con delicatezza, con libertà, con pace!

Giuseppe, fammi vedere i tuoi occhi mentre pronunciano quel nome santo e potente! Come risplendono mentre guardi Maria! Ella ti ha dato la gioia di tutto il mondo, e tu la trasformi in una parola sulle tue labbra: Gesù!

Giuseppe, pronuncia ancora quel nome perché s’imprima in me: Gesù!

Padre, ti ringrazio per il grande amore che tu doni agli uomini in quel piccolo bambino che nasce dentro la grande povertà dell’umanità. Grazie per i modi misteriosi con cui ci salvi! Giuseppe e Maria per Gesù! E oggi la mia vita, con quella di molti fratelli, per Gesù!

Anche la mia bocca è capace di dire con sicurezza solo quel nome, Gesù! Imparo da Giuseppe ad accogliere Maria per poter pronunciare l’unica parola vera, l’unica parola santa che può essere pronunciata dalle labbra dell’uomo, l’unica parola che tiene l’uomo unito a Dio: Gesù!


Nihil Obstat: P. Modesto Sartori, capp., cens. Eccl., Trento 14 giugno 2017