Per il silenzio
PER IL SILENZIO
Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia.
(1 Cor 13,12)
Noi saremo simili a Lui perché Lo vedremo così come Egli è!
(1 Gv 3, 2)
Queste pagine, trascritte da registrazioni, sono spunti semplici per aiutarti a trascorrere qualche ora di silenzio, di deserto, quando sei solo e nessun altro può guidarti.
Perché la lettura di queste pagine possa essere utile alla tua vita spirituale, è desiderabile che tu abbia un po’ di tempo a disposizione, e presuppone sia accompagnata da silenzio:
- silenzio esteriore: assenza di rumori, di altre persone;
- silenzio degli occhi: ti consiglio di cercare un luogo dove non ci siano molti oggetti o cose in movimento, anche se all'aperto;
- silenzio del cuore: allontana le preoccupazioni; se ti verrà in mente qualcosa da fare, lo segnerai su un pezzo di carta e non ci penserai più!
Leggi adagio una pagina o due, poi chiudi l’opuscolo e mettiti in compagnia della Persona Divina che hai contemplato. Lavora di fantasia.
Non preoccuparti di dover fare nuove scoperte, per sapere di più; piuttosto occupati di lasciar crescere in te l'amore e la confidenza verso il Signore.
(Nessuna perfezione in queste pagine: esse sono solamente piccoli spunti per il... cuore!).
don Vigilio Covi
Il Padre
Vogliamo dedicare un po' di tempo ad incontrarci con Dio Padre, a guardarlo, ma soprattutto ad amarlo.
Vediamo Dio Padre anzitutto come Creatore; ci è più facile accostarlo così, perché siamo immersi in una natura meravigliosa, trapuntata di cose grandi e piccole; di cose più grandi della capacità del nostro sguardo e di cose più piccole della nostra possibilità di vedere.
Basta che pensiamo a quello che può esserci in una goccia d'acqua e a quello che c'è nell'infinità degli spazi per capire un po' della grandezza del nostro Dio, del Padre.
Tutte le cose, dalle meraviglie di un fiore o di un insetto alle meraviglie delle stelle, il Padre le ha preparate per noi. Guardando tutto quello che ci sta attorno perciò noi vogliamo “vedere” la sapienza, la grandezza, l’onnipotenza di Dio e consideriamo come queste “qualità” sono da lui impiegate per noi, per amarci.
Durante il tempo di silenzio potrai fermarti in qualche angolo del giardino, della campagna o del bosco, per guardarti attorno. Osserva ad es. una ciliegia, o una foglia, o un fiore, o una pianta, una montagna: prendine in esame tutti i particolari, considera quanta sapienza, quanta fantasia e previdenza presuppongono.
Tutto questo ti porterà alla lode, all'adorazione, al ringraziamento e all'ammirazione del Padre. Considera le creature che vedi come angeli (cioè «messaggeri») di Dio! Potrai immaginarti di interrogare tali oggetti: “Tu che sei stato plasmato dalle mani di mio Padre, dimmi qualcosa di Lui!”
Terminerai questo momento benedicendo e adorando Dio, nostro Padre!
***
Facciamo un passo ulteriore e consideriamo perché mai il Padre ci abbia dato una parola così umana per farsi chiamare da noi ‘Padre’: è il termine con cui definiamo il nostro papà, colui che insieme con la mamma ci ha dato la vita; possibile che Dio non abbia trovato un nome più bello per farsi chiamare da noi?
Il nome "Padre" ci richiama la persona a noi più vicina, la persona che ha cominciato a volerci bene prima ancora che noi nascessimo. Il nostro papà ha preparato per noi la culla, ci ha amato prima ancora di sapere se eravamo uomo o donna, se i nostri capelli erano biondi o neri, e prima di sapere se eravamo buoni o cattivi. Il nostro papà ci ha voluto bene già prima di conoscerci!
Com’è bello che Iddio prenda questo nome per farsi chiamare, e amare, da noi: Padre!
Dio è quindi Colui che ha pensato a noi prima ancora che noi fossimo nati, egli pensa a noi e ci ama prima di sapere se gli rispondiamo o no, ci ama prima ancora che noi siamo capaci di dirgli "grazie".
Dopo che ci saremo fermati un po' di tempo a guardare la natura e a lodare e ringraziare il Padre, ci fermeremo un po' a immaginarci un papà, il più buono che siamo capaci di immaginare, quello che abbiamo sognato di avere, uno migliore di quello che abbiamo avuto. Considereremo che Dio Padre ha un amore, una stima e una confidenza verso di noi ancora più grande e più profonda, infinitamente superiore.
Vedremo che il papà è colui verso il quale il bambino può correre quando sbaglia; se il bambino rompe un giocattolo corre dal papà, sa che il papà glielo aggiusta!
Il bambino sa ancora che quando la sua mano è stretta da quella del papà non c'è più nessun pericolo che possa fargli paura: egli si sente sicuro ed è sicuro! Vedremo Dio Padre che, come un papà, ci tende la sua mano, e quando la nostra è nella sua non ci sono più pericoli, non c'è più nulla che ci possa spaventare.
« Se Dio è con noi chi sarà contro di noi? » ha scritto san Paolo.
Vediamo quindi così il Padre, come creatore, ma soprattutto come Padre che ci ama, con il quale possiamo avere confidenza, come uno sul quale possiamo contare senza preoccupazione.
Un bambino sta sul braccio del papà senza dovergli dire nulla, e così anche noi possiamo stare tranquilli con Dio, possiamo addormentarci fra le sue braccia: come un papà è contento che il suo bambino si addormenti, così possiamo pensare che anche Dio, nostro Padre, è contento quando noi ci addormentiamo fra le sue braccia; non considereremo un male se durante la nostra preghiera ci addormentiamo! Dio Padre è un papà così…
Dio Padre inoltre è colui che ci corregge se abbiamo bisogno di correzione; ci corregge perché ci ama e perché vede più avanti di noi nella nostra vita, e quindi ci conduce per le strade che Lui conosce come le migliori: non occorre che le vediamo noi. Noi lo seguiremo, ci terremo uniti a Lui perché il Padre è più grande del figlio.
Non lo chiamiamo con un Nome perché non siamo alla pari con Lui o uguali a Lui, ma siamo sempre figli, e un figliolo non chiama mai il padre per nome, lo chiama sempre: papà.
Così anche noi Dio lo chiamiamo sempre “Padre”: è il nome della sua posizione verso di noi. Con questo nome ricordiamo a noi stessi che dipendiamo da Lui, che possiamo avere confidenza. E con questo nome ricordiamo a Lui il suo impegno verso di noi: egli si è impegnato a volerci bene anche se siamo cattivi qualche volta, o spesso! Comunque, con questo nome, "Padre", gli ricordiamo che ci vuol bene e che l'iniziativa del suo amore parte da Lui e non da noi, nemmeno dalla nostra bontà. Dio non dipende da noi per amarci. Poiché egli è Spirito d'amore, ci ama sempre: Gesù dice che il Padre fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sul campo dei giusti e degli ingiusti! Poiché appunto non dipende dagli uomini, diciamo che Egli è santo.
Dio non ama solo colui che lo ama, ma « Egli ama » perché è santo, egli è Colui che ama, è Colui da cui prende origine ogni amore.
Il suo comportamento è diverso dal nostro! Se qualcuno ci fa un'offesa, noi siamo portati a restituirgliela. In tal modo “siamo condizionati” da colui che ci offende, invece che dipendere, o lasciarci influenzare solo da Dio, che continua ad amare. Dio è veramente Colui che è santo perché non “dipende” da noi, dal nostro comportamento, nemmeno dal nostro comportamento con Lui: Egli ama infatti anche il peccatore, e proprio quando ama il peccatore ci fa vedere la grandezza del suo amore! Il Padre ha mandato il suo Figlio nel mondo quando noi eravamo ancora peccatori!
Così Egli ci ha amati, così Egli ci ama.
Continuiamo il silenzio guardando ancora al papà ideale per scorgere altri suoi atteggiamenti verso il figlio, atteggiamenti che scopriremo presenti anche in Dio Padre!
Di fronte al Padre noi abbiamo sempre una grande confidenza, una grande fiducia: possiamo “accostarci con fiducia al trono della grazia”, come dice l'autore della lettera agli Ebrei.
***
Oltre a conoscere il Padre attraverso la creazione e l’esperienza che facciamo con i nostri papà, possiamo orientare il nostro sguardo con l'aiuto autorevole di Gesù: Egli vive col Padre, lo ha “visto” in modo perfetto. Egli ce lo presenta con alcune affermazioni, con la Sua stessa Persona (« chi vede Me vede il Padre ») con alcune parabole, e ci mostra il suo rapporto con lui facendoci udire la sua preghiera.
In particolare fisseremo l’attenzione sulla parabola detta “del figlio prodigo”, ma che potrebbe esser definita meglio come parabola del padre fedele.
In essa Gesù ci fa conoscere il Padre come uno che sa soffrire, come un padre che sa attendere, sa accogliere e perdonare, come un padre che sa rallegrarsi e far festa! (Luca 15).
Padre, ti conosco come un papà che mi ama! Il tuo amore è sempre nuovo! Tu godi quando un figlio torna a te: voglio darti occasione di gioia! E la gioia che risplenderà sul tuo Volto si rifletterà sul mio! Grazie, Padre santo!
Quel tanto che l'uomo può capire di ciò che tu sei, o Padre, è un grano di sabbia, è polvere che non pesa sulla bilancia:
Tu sei l'infinito, l'Eterno, l'Amore senza confini!
E se qualcosa di te riveli,
lo riveli a chi non ha
strumenti per cui possa dire:
Io lo so! Io l'ho scoperto!
Tu ti riveli ai piccoli, agli umili
e ti nascondi al dotto, all'intelligente!
Il Figlio
Ora ci tratteniamo un po' di tempo col Figlio, con Gesù, per immaginarlo davanti ai nostri occhi, per amarlo, per lasciarci amare da Lui. Con Gesù avremo meno difficoltà che con il Padre, perché mentre il Padre nessuno l'ha mai visto, Gesù è stato veduto dagli apostoli che hanno testimoniato e raccontato molto di Lui.
Ci basterà vedere l'una o l'altra delle scene del vangelo che ci descrivono Gesù, e immedesimarci in esse.
Ecco qualche esempio.
Vediamo Gesù da piccolo: Egli ha bisogno di tutto. Egli è il Salvatore del mondo, e Maria gli deve lavare i pannolini; è il Salvatore del mondo e bisogna insegnargli a camminare! Secondo la nostra mentalità, per realizzare qualche cosa bisogna essere forti e potenti, bisogna aver capacità di parlare, di farsi ascoltare; vediamo invece il Salvatore del mondo non dire nemmeno una parola, eppure egli è già la gioia degli angeli, dei pastori, di Simeone e di Anna, dei Magi, e forse di tante altre persone. Non ha fatto ancora nessuna predica, non ha organizzato nulla e non ha compiuto alcun miracolo, eppure è già il Salvatore del mondo!
Da questo fatto comprendiamo come non sono le sue prediche ad essere importanti, non ciò che egli dirà; è lui che conta, la sua persona! Comprendiamo così che noi non troviamo pienezza quando sappiamo leggere il vangelo, nemmeno se sapessimo a memoria tutte le Scritture, ma solo se siamo con lui e in lui: Egli è il Salvatore del mondo.
Durante il silenzio possiamo fermarci a guardare Gesù nella grotta di Betlemme o nella famiglia di Nazaret e vederlo bambino, ragazzo, giovanotto mentre lavora con Giuseppe, pianta chiodi, scopa, accoglie i clienti o va a far qualche lavoro nelle case; egli sa di essere il Salvatore del mondo, eppure vive in questo mondo nel nascondimento per trent’anni.
***
Vediamo poi qualche altra scena del vangelo: ad esempio: Gesù va sulla riva del lago e chiama due pescatori, e poi altri due. Li chiama con un gesto grandissimo di fede, perché non dice loro: « Se volete, venite e seguitemi... », ma dice « Seguitemi ». (Mt 4, 18-22)
Gesù sa da dove viene e sa che le sue parole vengono dal Padre, perché Egli si è abituato a stare con il Padre e a fare solo ciò che il Padre vuole. Si è abituato con alcuni giorni di “esercizi”, con quaranta giorni di deserto, esercitazione pratica a stare da solo con il Padre. Nei quaranta giorni di deserto Egli è stato solo con lui per ascoltare soltanto la sua voce, per non avere nessuno da amare e nessuno cui parlare se non il Padre.
Gesù, da solo con Dio Padre, si abitua a dipendere sempre da Lui anche quando sarà in mezzo alla folla, anche quando ci saranno molte persone attorno che Lo spingono e lo stringono da ogni parte: nemmeno allora egli si lascerà influenzare dalla gente, ma cercherà ancora di capire qual è la volontà di Dio, quali sono i desideri del Padre.
Il trovarsi con delle persone o con altre per Gesù è solo un'occasione di agire in modi diversi; si lascerà “condizionare” solo dal Padre, sia per le azioni da compiere che per il modo in cui viverle.
Vediamo ciò molte volte; ad es. quando Gesù si trova con la folla nel deserto e dà da mangiare a tutti, prima di farlo ha alzato gli occhi al cielo e ha benedetto Dio; quando si è trovato davanti alla tomba di Lazzaro, non ha dato ascolto alla gente, nemmeno a Marta, ma al Padre.
Allo stesso modo, quando si è trovato davanti al paralitico calato giù dal tetto dai suoi compagni, Gesù non ha fatto quello che quegli uomini col loro gesto gli chiedevano; ha fatto piuttosto quello che vedeva essere volontà del Padre in quel momento: la cosa più importante per quel paralitico era ricevere la gioia del cuore, la riconciliazione col Padre. Gesù gli disse: « Ti sono perdonati i tuoi peccati »! Egli ha guardato anzitutto il cuore; Gesù vede ciò che è veramente indispensabile a una persona! A cosa sarebbe servito che quel paralitico si fosse alzato dal letto guarito, ma con il cuore colmo dellla tristezza che c'è in tante persone, sane sì, ma non in pace, né con sé, né con gli altri? Queste persone non stanno bene perché c'è nel loro cuore qualche cosa che le blocca davanti a Dio, qualche peccato; da ciò si capisce che la salute non è la cosa più importante: c'è qualcosa di meglio! Gesù ha visto il desiderio del Padre di poter amare e donare gioia al cuore del paralitico, e così anzitutto lo perdona. In seguito, per dimostrare che questo lo poteva fare, lo guarisce. Egli compie la guarigione come cosa del tutto secondaria. Gesù, in quel momento, non dipendeva dagli occhi o dai pensieri della gente, dipendeva dal Padre.
Gesù è una persona che sa stare da solo.
Guardiamo un altro episodio del Vangelo: Gesù ha visto un uomo, Zaccheo, su di un albero, e lo ha invitato a scendere in fretta per poter essere ospitato da lui in casa. Gesù ha visto allora una cosa strana: attorniato da una folla che lo avrebbe ‘mangiato’, tanto sembrava gli volesse bene, non appena egli dimostra amore per il ladro Zaccheo, rimane solo. L'antipatia e l’odio che la folla ha per il ladro si riversa su Gesù, che si ritrova solo tra un ladro e una folla arrabbiata. Gesù capisce che quella folla (e forse anche noi…) diceva sì di amarlo, ma non aveva stima di quello che faceva: non si trattava di un amore vero. Succede così quando noi diciamo di voler bene a qualcuno, però giudichiamo male quello che fa: ancora non gli vogliamo bene!
Gesù si è trovato solo: non sarebbe stato capace di accogliere Zaccheo, se avesse badato a ciò che pensava la gente. Egli è stato capace di amare quel ladro perché dipendeva dal Padre: vedeva che il Padre lo amava.
Possiamo immaginare la scena fino alla gioia che Gesù ha nel vedere la conversione di Zaccheo.
***
Osserviamo il Signore sul Calvario. Ci sono due persone che, almeno esteriormente, vivono la stessa situazione di Gesù: tutti e tre sono crocifissi, Gesù si trova in mezzo. Sembra che Egli divida il mondo in due: da una parte c'è colui che accetta Gesù come Figlio di Dio e dall’altra c'è colui che lo deride.
Tutti e due i ladroni usano questo nome: “Figlio di Dio”; uno di loro però, dicendo « Figlio di Dio », pensa ancora a se stesso; infatti continua: « Se sei Figlio di Dio, fammi venir giù »!
In fondo egli non crede che Gesù sia Figlio di Dio, perché non lo prende sul serio. « Se sei Figlio di Dio, vieni giù tu e fa’ venir giù anche me »! Egli sta giudicando negativa la situazione del Figlio di Dio e la sua decisione. L'altro ladrone invece esclama: « Se sei Figlio di Dio, fammi venire con te! ». «Se sei Figlio di Dio e sei in questa situazione, vuol dire che Dio può amare anche me, che sono nella tua situazione. Se Tu, che sei Figlio di Dio, soffri tanto, eppure sei nella pace, vuol dire che la tua pace può venire in me».
Questo ladrone prendeva sul serio Gesù, credeva che egli era Figlio di Dio e che quindi era amato dal Padre anche se si trovava in quella situazione di morte.
In quell'occasione Gesù ha messo in evidenza la divisione esistente nel mondo. Così anche oggi c'è chi lo prende sul serio e chi lo disprezza e lo deride.
Cerca in un'ora di silenzio di soffermarti con una di queste scene davanti ai tuoi occhi. Ti immedesimi nella parte dell'uno o dell'altro dei personaggi presenti, adori Gesù. Non occorre che tu faccia nuove scoperte, occorre invece che tu ti lasci amare da Gesù stesso e rinnovi il tuo amore per Lui!
Diglielo che gli vuoi bene: “Gesù grazie che mi ami! Gesù, ti amo!”
Lo Spirito Santo
Vogliamo soffermarci a contemplare lo Spirito Santo. Noi siamo già suo tempio! Lo Spirito Santo nessuno l'ha mai visto né lo può vedere, e nessuno lo può afferrare, perché egli è come il vento, nessuno lo può toccare perché è come il fuoco! Anche se è Spirito, e quindi non è un uomo come Gesù, lo Spirito Santo lo si può conoscere molto bene, ma soprattutto, dato che lo Spirito è «spirito», lo possiamo lasciare entrare in noi, possiamo permettergli di stare insieme con noi.
Noi lo chiamiamo Spirito «Santo» per distinguerlo dagli spiriti non santi. Che cosa è uno spirito?
Lo spirito dell'uomo è ciò che muove e domina il suo agire, i suoi rapporti con gli altri uomini e con Dio, le sue riflessioni sul passato, i suoi progetti per il futuro, i suoi atteggiamenti verso le cose.
Forse riesco a spiegarmi con qualche esempio. Se andiamo a fare la spesa, vediamo che ci sono vari modi di comportarsi negli acquisti: uno può lasciarsi portare da uno spirito di semplicità e di povertà, può prendere le cose che ci sono senza desiderarne altre migliori, un altro può lasciarsi portare da uno spirito di scontentezza o di avarizia o di vanità. Anche nel far le cose più semplici c'è di mezzo uno spirito: non sempre è Spirito Santo, ma è, comunque, spirito: può essere spirito di sacrificio, spirito di povertà, spirito d’amore, di pazienza, di obbedienza, di preghiera, oppure spirito di vanità, di vendetta, di superficialità, di critica, di impurità, di ironia, di gelosia …
Ci sono spiriti che vorremmo veder sempre in coloro che vivono con noi e altri che non vorremmo vedere mai, ce ne sono di quelli che lasciamo vivere dentro di noi anche se non ci dovrebbero stare, e che producono un frutto di sfiducia e di divisione dagli altri uomini; ci sono quelli che fanno vedere il male anche dove non c’è, provocano divisione in se stessi, incapacità di stare davanti a Dio lodandolo e ringraziandolo, preoccupazione e paura, fino all'angoscia, malattie spirituali e psichiche, talvolta anche con conseguenze fisiche.
Come facciamo a sapere com’è lo Spirito Santo se nessuno lo può vedere? Possiamo contemplare una persona nella quale lo Spirito Santo è abitato in pienezza, totalmente. Possiamo osservare questa persona e vedere da quale spirito si è lasciata guidare nelle varie situazioni: questa persona è Gesù.
In Gesù c'era Spirito Santo in ogni momento della vita. In Lui vediamo anzitutto spirito di preghiera (sta col Padre sempre), di obbedienza (non fa niente se non ciò che vede fare dal Padre e fa tutto quello che il Padre gli manifesta). In Gesù vediamo spirito di amore, ma anche di fermezza: egli non si lascia condizionare, è fermo, stabile. Vediamo in lui spirito di pazienza, di povertà, di semplicità...
Tutti questi spiriti li immagino come le facce di un cristallo; un cristallo lo possiamo girare in vari modi vedendo facce diverse, ma il cristallo è uno solo. Così lo spirito; ora può manifestarsi come spirito di ascolto, più tardi come spirito di preghiera, domani come spirito di sopportazione, di obbedienza, in un altro momento come spirito di consolazione, di amore o di fermezza,… ma è sempre Spirito Santo. Cambiano solo i vari modi con cui Egli si manifesta nelle varie situazioni della vita di Gesù... e della nostra!
***
Nessuno ha visto lo Spirito Santo, però sappiamo qualcosa di Lui: si è manifestato in forma di colomba.
La colomba è un uccello! Quando un uccello vola vede le cose dall’alto. Quando noi andiamo su di una montagna e vediamo i paesi dall'alto ci appaiono diversi da quando li vediamo camminandoci in mezzo: vediamo le cose da lontano e ci sentiamo staccati da esse, anche se ne godiamo.
Lo Spirito Santo ci fa stare in questo mondo come se non fossimo di questo mondo, come gli uccelli stanno a questo mondo, ma ne sono staccati. San Paolo lo dice nella prima lettera ai Corinzi: « Quelli che hanno moglie vivano come se non l'avessero; quelli che piangono come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano come se non possedessero; quelli che usano del mondo come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo! » ( 1 Cor 7, 29-31 ).
È lo Spirito Santo che produce in noi questo distacco, perché possiamo star uniti sempre al Padre e al Figlio. Quando lo riceviamo facciamo anche noi questa esperienza. Rimaniamo nel mondo, ma non siamo più attaccati alle cose di questo mondo, e le nostre gioie non saranno la gioia di questo mondo, bensì il sapere che i nostri nomi sono scritti in cielo. Ed allora anche le nostre sofferenze non sono l'ultima realtà, perché sappiamo che in fondo i nostri nomi sono scritti in cielo. È come lo zucchero in fondo ad una tazza di caffè: se mescoliamo, tutto il caffè diventa dolce! Così succede con le nostre sofferenze, se vi mescoliamo questa certezza fondamentale, non rimangono più amare. Soffriamo come se non soffrissimo, quando lo Spirito di Dio è in noi.
Ho osservato un'altra abitudine delle colombe: si lasciano avvicinare da chi ha buone intenzioni, ma se si accorgono che qualcuno le vuole catturare, esse sono molto vigilanti, attente. Lo Spirito di Dio è Spirito di vigilanza, di attenzione; una persona che ha Spirito Santo non si avvicina al male e alle occasioni del male, si lascia invece avvicinare da chi ha Spirito Santo, da chi ha spirito di bontà, di accoglienza e di verità.
***
Lo Spirito Santo si è mostrato ancora in altri modi: a Pentecoste come lingue come di fuoco. Sono due le immagini che qui vediamo: la lingua e il fuoco. La lingua è l'organo che serve a manifestare quello che abbiamo all’interno, ci fa dire quello che pensiamo.
Naturalmente la lingua ci serve non quando siamo soli, in mezzo al mare o in mezzo al deserto, ma quando siamo insieme agli altri. La lingua ci fa comunicare, ci fa essere uniti agli altri: lo Spirito è come la lingua che ci fa esprimere quello che c'è dentro di noi per gli altri, per essere in comunione con gli altri; ma ci fa esprimere solo ciò che è purificato dal fuoco, non tutto quello che c'è in noi. Se dentro di noi c’è malvagità, lo Spirito Santo non ci fa comunicare malvagità; egli ci fa esprimere solo quei pensieri che sono purificati dal fuoco di Dio.
Lo Spirito Santo, mostrandosi come lingua, si fa conoscere inoltre come lo Spirito che ci fa annunciare le grandi opere di Dio, come hanno fatto gli apostoli dopo averlo ricevuto; ci fa parlare di Dio senza timore.
Chi abita in noi se non lo Spirito Santo? Se non il Figlio, e il Padre che abita dove è il Figlio? Lo Spirito Santo ci fa comunicare anche agli altri quello che Dio fa in noi, quello che Dio è per noi. E ciò che Dio ha fatto per gli altri è gioia anche nostra. Egli ci fa esprimere tutto quello che di buono c'è dentro in noi, ciò che di Dio è dentro di noi. Ci accorgiamo che quando parliamo di Dio, e parliamo bene di lui e lo lodiamo, oppure quando preghiamo insieme con un altro, nasce o cresce con lui un legame forte. Lo Spirito Santo crea una comunione, un’unità così profonda, che non ce ne può essere una maggiore: è la stessa comunione che c'è tra Padre e Figlio!
Lingua come di fuoco: il fuoco è chiaro, luminoso, netto, distinto; e lo Spirito Santo ci fa parlare con chiarezza, e con parole che toccano il cuore, che danno luce anche per gli altri, come il fuoco dona luce.
Agli apostoli a Pentecoste, lo Spirito Santo si è manifestato anche in un altro modo: essi parlavano lingue nuove senza capire, mentre altri capivano senza sapere come mai.
Anche oggi lo Spirito Santo concede talvolta questo dono e permette agli uomini di lodare Dio del tutto gratuitamente, con suoni senza significato, senza nemmeno la ricompensa della soddisfazione dell'intelligenza.
Lo Spirito Santo è veramente spirito di comunione, Spirito che ci fa essere uniti, che ci permette di comprenderci addirittura senza le parole. Mi ricordo di aver letto che un santo monaco, amico di un altro monaco santo, volle fargli visita dopo parecchi anni di lontananza. Quando s’incontrarono s’inginocchiarono l'uno di fronte all'altro. Passarono la notte così, senza dirsi una parola. All'alba si rialzarono e ripartirono. I loro discepoli si stupirono molto che non si fossero detti neppure una parola!
Non ce n’era bisogno: lo Spirito Santo comunicava tra loro l'essenziale! Ciascuno aveva capito dell'altro che viveva in Dio: era la cosa essenziale che dovevano capire, nulla era più importante di ciò!
***
Contempliamo qualche altra immagine dello Spirito Santo, propostaci da Gesù: il vento.
Il vento soffia dove vuole, nessuno lo vede, però ne odi la voce. Lo Spirito Santo nessuno lo vede, però, se c'è, ce ne s’accorge, e come!
Lo Spirito Santo non lo puoi afferrare, non puoi tenertelo come tua proprietà, però puoi rimanervi immerso continuamente. Puoi lasciarti piegare da Lui. Una cosa che si lascia piegare dal vento vive e continua a vivere e a compiere il suo servizio; una cosa che gli si opponesse, invece, può venir spezzata, come avviene per i rami secchi degli alberi: sono spezzati e portati via.
Lo Spirito Santo è come il vento che penetra là dove c'è un’apertura, anche piccola, ma tale apertura è necessaria perché il vento possa entrare.
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Altra immagine usata da Gesù è l'acqua pura di sorgente: « Chi crede in me, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7, 38). Diceva questo riferendosi allo Spirito. L'acqua di sorgente è diversa dall'acqua delle cisterne. L'acqua di sorgente è un'acqua che scorre sempre fresca. Quella che sgorga oggi è uguale a quella che sgorgherà domani, eppure è sempre diversa, e staresti lì a osservarla anche per molto tempo senza stancarti. E poi la berresti volentieri!
Durante il tempo di silenzio puoi raggiungere o immaginarti un ruscelletto di montagna e vedere la limpidità dell'acqua. Nell'acqua di sorgente vediamo la purezza, la trasparenza: lo Spirito Santo è Spirito di verità, di chiarezza, di sincerità e anche di novità.
Se abbiamo lo Spirito Santo nessuno fa fatica a stare con noi, come nessuno si stanca di contemplare la sorgente! Stai volentieri con chi porta in sé Spirito Santo, non solo per un'ora o per un giorno intero, ma per anni, perché lo Spirito Santo è sempre nuovo, sa inventare cose nuove! Lo Spirito di Dio non invecchia, non ci fa invecchiare, anzi, ci fa rimanere sempre giovani. Noi vediamo persone anziane che si lasciano guidare, si lasciano riempire dallo Spirito di Dio: appaiono giovani e mantengono giovane anche il proprio aspetto, sembra che non debbano mai morire!
Ci sono altre immagini che ci potrebbero aiutare a conoscere lo Spirito Santo. Per ora ci bastano quelle della colomba, della lingua come di fuoco, del vento e dell'acqua.
Durante il tempo che abbiamo a disposizione, stiamo insieme allo Spirito Santo. Guardiamo queste immagini, e diciamogli: « Grazie che sei in me e fuori di me, grazie che vivi in me e che io posso essere immerso in Te! Riempimi e avvolgimi, trasformami e ringiovaniscimi, illuminami e apri le mie labbra alla lode e al ringraziamento »!
***
Santo Spirito del Dio Vivente! Tu sei mandato dal Padre per penetrarmi e rendermi suo Figlio ad immagine del Figlio Gesù, che accolgo come Signore del mio tempo.
Tu hai fatto di me Tempio del Padre dove tu celebri le sue lodi, dove tu canti un Grazie incessante, dove tu offri sacrifici d'amore!
Tu muovi le mie braccia e le mie mani perché servano il Signore Gesù nei fratelli!
Tu dai vigore e luce ai miei piedi perché ogni passo sia un andare incontro alla Venuta dello Sposo!
Tu apri i miei occhi perché vedano ciò che vede il Padre!
Tu apri le mie orecchie perché odano la voce di Gesù che mi chiama a sé ogni momento e mi manda là dove egli vuole essere presente! Tu sei lo Spirito del Dio vivo! Tu sei Spirito che rinnova: VIENI e compi la tua opera in me, a gloria del Padre! Amen.
La Santissima Trinità
Abbiamo goduto del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo osservandoli singolarmente, ma non abbiamo visto come vivono insieme.
Sono tre persone, distinte l'una dall'altra, ma vivono l’unità. Per noi è importante vedere e sapere come sono capaci di stare insieme l'una con l'altra, che rapporti ci sono tra di loro.
Ci lasciamo aiutare da un quadro che abbiamo qui davanti: viene dalla Russia, è stato dipinto da un monaco cinque secoli fa. Per gli orientali i quadri, le icone, hanno un grande significato perché sono un segno della presenza di Dio. Quando uno si mette a dipingere o anche solo a restaurare uno di questi quadri, sta in preghiera, digiunando. Mentre egli dipinge, qualche altro vicino a lui prega, senza fare nient’altro. Queste immagini non sono quindi nate dalla fantasia di un pittore, ma dalla preghiera, dal contatto con Dio, dalla vita alla Sua presenza e dall’obbedienza alla Tradizione della Chiesa..
La prima intenzione di colui che ha dipinto quest’immagine è di mostrarci i tre angeli che hanno fatto visita ad Abramo sotto la quercia. Nella coppa sulla mensa c'è la testa del vitello che Abramo aveva fatto uccidere per offrirlo loro. Sono tre angeli: la parola angelo significa messaggero; sono tre figure che ci portano un messaggio di Dio.
Sono angeli di Dio, cioè suoi messaggeri. La loro figura ci annuncia qualcosa di quel Dio che noi su questa terra non potremo mai vedere: il Padre e lo Spirito nessuno li ha mai visti e nessuno mai li vedrà.
Se qui sono presentati come angeli è perché il modo con cui sono raffigurati può dirci qualche cosa di loro. Osserviamo alcuni particolari di queste figure per vedere come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sanno vivere insieme. Importante non è l’icona, ma la Santissima Trinità di Dio con cui noi viviamo.
Nella figura di sinistra ci viene presentato il Padre, in quella di centro il Figlio e in quella di destra lo Spirito.
***
Osserviamo i movimenti: il Padre è diritto, la sua mano destra fa un piccolo cenno verso il Figlio, il Figlio guarda questo cenno del Padre, china il capo in segno di accoglienza. Nello stesso tempo il Figlio con la mano benedicente indica la coppa; questo movimento della mano ci porta pure a indirizzare l’attenzione verso lo Spirito.
La mano dello Spirito si posa sul tavolo come per dire « sì », appoggio e porto a compimento la Volontà del Padre e la risposta del Figlio!
Il movimento del Padre trova riposo nello Spirito, però da lui inizia un movimento di ritorno: lo Spirito infatti è tutto inclinato verso il Figlio e verso il Padre in modo che il movimento circolare continua.
Il Padre indica la volontà al Figlio; il Figlio dice « Mio cibo è compiere la volontà di Colui che mi ha mandato, e portare a termine l'opera Sua », « Io non faccio nient’altro se non ciò che vedo fare dal Padre», «Mio compito è fare la volontà di Colui che mi ha mandato », « La Tua volontà sia fatta, non la mia ».
E lo Spirito, come Spirito Consolatore, è accanto al Figlio per assisterlo, per sostenerlo e consolarlo durante il compimento della volontà del Padre.
Possiamo poi vedere questi movimenti come delle indicazioni per noi! La mano del Padre verso il Figlio ci ricorda la parola: « Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo!». Ecco, il Padre ci mostra il Figlio, non attira la nostra attenzione su di sé, ma vuole che la fissiamo nel Figlio; ce lo indica e ci dice di ascoltarlo. Possiamo contemplare questa grande umiltà del Padre, questa grande stima che egli ha del proprio Figlio. Il movimento della mano del Padre ci fa venire alla mente anche la parola dell'apostolo Paolo: « Ognuno stimi gli altri superiori a sé stesso».
Il Padre dice anche a noi di ascoltare le parole del Figlio. Non aggiunge altro perché ha totale fiducia in lui! Il Figlio, da vero Figlio, impara dal Padre e fa come lui. Da una parte, occupando Egli una posizione centrale, riporta la nostra attenzione sul Padre inclinando il capo verso di Lui; d'altra parte, con la sua mano ci indica lo Spirito come per dirci: è Lui che « vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto », che vi aiuterà a capire quello che adesso non capite. Così Gesù aveva parlato agli apostoli.
Neppure Gesù quindi attira la nostra attenzione su di Sé, ma ci fa essere rivolti allo Spirito ed ubbidienti al Padre.
Lo Spirito si comporta come il Padre ed il Figlio. Con la sua posizione inclinata ci riporta verso di loro!
Che cosa fa lo Spirito quando è in noi? Ci fa aprire la bocca per annunziare le grandi opere di Dio, come fecero gli apostoli quando lo ricevettero il giorno di Pentecoste. Lo Spirito ci porta al Padre perché noi lo lodiamo, lo adoriamo e ci mettiamo in atteggiamento da figli davanti a Lui. È lo Spirito che dentro di noi attesta che siamo figli e se figli anche eredi. Lo Spirito ancora ci fa stare davanti a Gesù come servi obbedienti: « Nessuno può dire: Gesù è Signore, se non per mezzo dello Spirito».
Se noi possiamo dire a Gesù: « Sei il mio Signore », o meglio, se possiamo metterci in ubbidienza davanti a lui come davanti a un signore, nostro padrone, questo è opera dello Spirito. Nemmeno lo Spirito quindi attira la nostra attenzione su di sé, ma getta la nostra vita ai piedi del Padre e del Figlio.
Vediamo come ognuna delle Tre Persone pensa ad accrescere la gloria delle altre due e a metterle in evidenza: la loro vita è veramente un’unità dove ognuno perde la propria vita per gli altri due: nessuno può far senza l'Altro.
Questo per quanto riguarda i movimenti.
Guardando la Santissima Trinità, la comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, comprendiamo quale può e deve essere il nostro modo di vivere insieme. Possiamo modellare la nostra vita di famiglia o quella di tutta la comunità cristiana prendendo come esempio la Trinità santissima, dove ciascuno perde la vita per l'altro, lo stima maggiore di sè, ponendolo sempre prima di se stesso.
La vita di Dio poi non è solo un esempio per noi perché possiamo portarla in noi. Abbiamo la capacità, o meglio la grazia, di vivere tra noi lo stesso amore trinitario, fatto di obbedienza e di fiducia reciproca!
***
Passiamo ora ad osservare i colori dell’icona. Guardiamo il Padre: ha un manto color indaco e sotto di esso una tunica blu. Il blu, colore del cielo, indica la divinità. Tutt’e tre le persone sono Dio: la divinità del Padre, però, noi non la vediamo perché il Padre nessuno l'ha mai visto; per questo il blu è nascosto, se ne vede appena una piccola striscia sul petto.
Del Padre vediamo invece la gloria! Il manto di gloria color indaco ci fa comprendere come noi ci avviciniamo al Padre attraverso le sue grandi opere, come sono proclamate anche nei Salmi.
Guardiamo ora il Figlio: la sua tunica è di colore rosso sangue mentre il mantello ha il colore della divinità; il Figlio infatti è uomo, ha dato il suo sangue, ed è stato rivestito della divinità. Nella lettera ai Filippesi Paolo dice che Gesù è apparso in forma umana e umiliò se stesso, per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato un Nome che è al di sopra di ogni altro nome. Ha ricevuto ogni potere dal Padre: la stola gialla sulla spalla destra, indica allo stesso tempo il potere di Gesù e la sua sottomissione (stola = giogo): poiché il Figlio è pienamente obbediente al Padre, il Padre gli può dare ogni potere! Già quand’era su questa terra Gesù aveva il potere del Padre: perdonava i peccati, guariva i malati, risuscitava i morti: opere tutte, queste, di Dio.
Lo Spirito è Dio e dà la vita, per questo ha un manto di color verde, il colore della vita. Lo Spirito Santo infonde una vita nuova nelle persone che lo ricevono.
Tutti e tre gli Angeli tengono in mano un bastone di colore rosso, un bastone lungo, come quello dei pellegrini o dei pastori, ma così sottile da essere solo un simbolo, quello dello scettro del re: Dio è il Re, ma non è un re che domina, è un re che serve ed ama. Il bastone inoltre è di colore rosso, il colore dell'amore e del sangue. Il potere di Dio è il potere dell'amore, non il potere del dittatore.
Padre, Figlio e Spirito noi li conosciamo nel mondo, ed ecco che tutta la creazione partecipa della loro vita. Vediamo dietro allo Spirito una montagna, o nube, o fiamma, o folata di vento, che spira verso il Figlio e verso il Padre: lo Spirito porta noi verso il Figlio e verso il Padre, porta tutta la creazione, tutte le cose create verso la casa del Padre. Questa la vediamo stabile, che non si piega, con le finestre aperte e le porte pronte ad accogliere.
Anche l'albero che sta dietro al Figlio, l'albero della vita - (una leggenda orientale racconta che la croce è stata fatta col legno dell'albero della vita: Gesù Cristo è la vita, è il frutto più bello dell'albero della vita) - viene portato verso il Padre dallo Spirito. Dice san Paolo che la creazione geme e soffre nell'attesa di vedere la gloria del figli di Dio. Tutta la creazione attende di essere riunita nella casa del Padre.
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Vogliamo guardare ora qual è il nostro posto nell’icona.
Le ali delle figure angeliche chiudono ogni accesso a questa Famiglia, fanno da barriera e lasciano aperto solo uno spazio davanti.
Se noi entriamo in questa apertura, sul davanti, incontriamo anzitutto, fra gli sgabelli degli angeli di sinistra e di destra, uno spazio verde con la forma di un calice. Alziamo lo sguardo, e incontriamo nell'altare, nel tavolo, una piccola apertura, il posto delle reliquie dei martiri. Più su troviamo il calice posato sulla tovaglia, benedetto dal Figlio ed indicato dalle mani di tutti tre gli angeli: questo calice è il centro del loro colloquio, e di tutto il quadro.
Anche la parte visibile della tovaglia è a forma di calice! E se continuassimo le linee della tovaglia (quelle che salgono e quelle che scendono) scopriremmo tra i due angeli un grande calice che contiene la figura di Gesù.
Il nostro posto è qui davanti; di qui noi possiamo entrare nel calice. L'unico modo per noi, sia di guardare la Trinità che di vivere insieme ad essa, è metterci dentro questo calice, unire la nostra vita all'offerta che Gesù offre al Padre attraverso lo Spirito.
Fare la volontà del Padre con la consolazione dello Spirito insieme con Gesù: questo è il nostro posto! È il posto dei martiri!
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Se ci mettiamo in questa posizione, se offriamo la nostra vita ed entriamo in questo modo in comunione con Dio, allora potremo incominciare a sentire anche le parole che i Tre si dicono l'un l'altro, cominceremo a origliare qualche cosa del loro colloquio.
Cosa staranno dicendo di me in questo momento?
Che cosa starà dicendo il Padre al Figlio di me? Gli sta chiedendo se è disposto ancora a dare la Sua vita per me? Il Figlio risponde: chinando il capo, acconsente.
***
Nel silenzio puoi unirti a ciò che una Persona dice all'Altra, a ciò che il Padre dice a Gesù, quel Padre che si compiace del Figlio; anche tu, nel silenzio, prova a pronunciare il nome di Gesù, magari per dieci minuti, insieme con il Padre; prova a chiamare Gesù come se fossi unito al Padre. Poi, per altri dieci minuti, chiudendo gli occhi, chiama il Padre insieme con Gesù: « Abbà, Padre! » e continua a dirlo col ritmo del respiro; infine unisciti allo Spirito, per altri dieci minuti, per dire « Gesù, Tu sei il Signore »!
Prenditi tempo per guardare in che cosa la Trinità è modello per la tua vita, poi per origliare e sentire che cosa dicono fra loro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e infine per unirti un momento all'Uno e poi all'Altro, per pronunciare il nome degli altri due. Così la Trinità non sarà più per te soltanto un modello!
Noi viviamo immersi in Essa, siamo battezzati, cioè immersi, nel Nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. LA TRINITÀ non è una famiglia lontana, che vediamo di fronte a noi: ci viviamo dentro, per fare ciò che le divine persone fanno, per dire ciò che esse dicono, per ascoltare ciò che esse ascoltano.
INCONTRO
col Padre, col Figlio e lo Spirito Santo, aiutati dall'Icona della Trinità di Rublév
Tre Angeli,
tre volti,
tre messaggi
di un unico amore!
Un unico desiderio
d'essere per l'altro
aiuto ad amare
il terzo!
Un'unica vita
che dura un attimo
anche se eterna!
perché offerta
con gesto chiaro
umile e deciso.
Un unico centro
che attira i cuori
e le mani di tutti!
Un'unica parola
viene detta
e ancora ripetuta
or da una voce
or dall'altra,
la parola dell'amore.
Un'unica melodia
viene accolta
con gioia crescente,
la voce dell'altro.
Amore chiama amore,
risponde amore
e continua ad amare,
finché il fiume dell'amore
arriva a travolgere anche me.
Il bastone rosso
dell'amore potente
è tenuto saldo nelle mani
che sanno amare!
che sanno esser libere
per l'amore.
È uno l'amore,
ma sono tre i modi:
c'è chi dona, chi riceve
e colui che conferma.
Dona il Padre,
riceve il Figlio,
lo Spirito conferma.
E ognuno dona
e ognuno riceve
e ognuno conferma
l'unico amore
che mai cessa
d'essere vivente
e di riempire ogni gesto
ed ogni sguardo
della pace e del riposo
che l'anima dell'uomo
mai cessa di cercare
e che solo trova in Dio.
Dio, sei Padre,
Tu sei Figlio e
sei Spirito
che continua
a diffondere la gioia
di poter essere l'Amore.
Quella gioia,
quella pace e quel riposo
non restano soltanto
sui vostri volti giovani,
e nel cuore,
si travasano nel mio
e mi portano
a sentire la parola
e la dolce melodia
che ripete
il Nome dell'Amato.
« Gesù » dice il Padre,
« Abbà » risponde il Figlio
e tace Colui che assiste
e dà la forza,
or all'uno or all'altro
di continuare
il colloquio dell'amore.
Un poco ascolto,
un poco parlo,
e comincio a dire,
insieme a loro,
il Nome dell'Amore.
Finché odo,
sono sicuro,
con quel Nome,
anche il mio.
Mi si chiama
ad indossare
quella tunica d'amore
che tanto sangue intrise,
mi si chiama a continuare
quell'offerta della vita
che mi unisce
ormai per sempre
alla vita della Vita.
Mi si chiama a scomparire
in quel calice ricolmo
che per sempre resterà
gloria e lode
dell'eterna Tri-unità!
Compito difficile
diventar cibo
dell'umanità!
Questo è il desiderio
questa è la volontà
che fa dei Tre
una famiglia sola!
«Sì, vengo», rispondo
« sì » a chi mi chiama.
Già Gesù ha detto « sì »;
con Lui anch'io
voglio immergermi
in quel calice
che da voi è accolto
e ben formato,
Padre e Spirito!
Sento la mia carne ribellarsi,
ma vedo il Tuo Volto compiacersi,
o Padre, per quel Tuo Figlio,
che anche me attirò
con forza a Sé.
La mia bocca tace,
attendono i miei occhi,
il cuor gioisce d'esser già
nella dimora tanto attesa
dall'intera Tua creazione,
che desidera e si protende
per entrare
nella casa dell'amore.
Padre Santo,
sono con Te insieme al Figlio,
col Consolatore che mi dice:
Sì, dì pure anche Tu
le nostre Parole dell'Amore!
Nulla osta: Cens. Eccl. Mons. Igino Rogger, Trento, febbraio 1977
Icona della SS.ma Trinità – breve interpretazione.
Il monaco Andrej Rublev sa che nessuno ha mai visto Dio. Egli sa però che Gesù ci ha manifestato tutto della vita di Dio Padre, Figlio, Spirito Santo.
Meditato il Vangelo e pregato a lungo, egli cerca di tradurre col pennello quanto ha udito: vuole dircelo tramite i colori o i movimenti dei tre Angeli che hanno visitato Abramo! Tutti e tre portano una veste di color azzurro, segno della Divinità. Nel vestito del Padre (angelo di sinistra) questo colore è nascosto: Dio Padre nessuno l'ha mai visto, se non tramite la bellezza e la sapienza della sua creazione (manto rosa).
Il Figlio è uomo (tunica rosso sangue); ha ricevuto ogni potere dal Padre (stola gialla) e si è manifestato come Dio attraverso le sue opere (mantello blu). Tutti abbiamo visto la sua Divinità: « Chi vede Me, vede il Padre! ».
Lo Spirito Santo (angelo di destra) è Dio e dà la vita (verde, colore delle cose vive). La vita di amicizia con Dio ci viene da Lui.
Dal Padre ha origine ogni cosa (posizione eretta). Egli chiama il Figlio indicandogli con mano benedicente la coppa al centro. Il Figlio comprende la volontà del Padre - farsi cibo e bevanda degli uomini - e l'accetta (china il capo e benedice la coppa) - «mio cibo è compiere la volontà del Padre» - chiedendo (movimento del braccio destro) l'assistenza dello Spirito Consolatore. Questi accoglie (mano posata sul tavolo) la Volontà del Padre per il Figlio e col suo piegarsi riporta la nostra attenzione al Figlio e al Padre: vuole metterci obbedienti davanti a Gesù (« nessuno può dire "Gesù è Signore" se non per opera dello Spirito Santo ») e abbandonati e fiduciosi davanti al Padre (« lo Spirito grida nei nostri cuori: Abbà, Padre! »).
C'è posto anche per me in questo circolo d'amore delle Tre Persone: davanti c'è lo spazio per me, perché io possa partecipare al colloquio intimo e segreto, gioioso e impegnativo: è lo spazio dei martiri (finestrella dell'altare), di chi offre la vita. Il mio posto ha la forma di calice (lo spazio libero tra i due angeli di destra e sinistra).
Il Padre chiede anche a me se voglio mangiare e bere alla sua mensa e offrire la mia vita, insieme a Gesù, come cibo e bevanda per gli uomini; e lo Spirito, se accetto, mi fa entrare nel riposo di chi è finalmente alla soglia della casa del Padre!
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