Sono perdonato
SONO PERDONATO
Rendiamo grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato,
ma avete obbedito di cuore a quell'insegnamento
che vi è stato trasmesso e così, liberati dal peccato,
siete diventati servi della Giustizia.
(Rom. 6, 17)
1 - I peccati cercano perdono
“Sono perdonato”.
La prima volta che ho potuto dire questa parola ero piccolo. Ero così piccolo che certamente non supponevo nemmeno di quale importanza fosse stato carico quel momento.
Non ricordo molto di quell'incontro. Ricordo solo il luogo, una piccola sagrestia d'una delle più piccole chiese che abbia visto; e ricordo il prete, vecchio e buono, buono e semplice.
Ricordo ancora che subito dopo, uscito all'aria aperta, saltavo di gioia. Quella gioia la ricordo bene perché si è ripetuta centinaia e centinaia di volte: erano altri luoghi, erano altri preti che incontravo, ma la gioia era quella.
Ero cosciente di non essermi incontrato solo con un prete. Il prete era solamente un segno d'una Presenza, che agiva con le sue parole e coi suoi gesti, ma che lo superava e rendeva addirittura indifferenti le caratteristiche della sua persona e della sua personalità.
M'incontravo con Dio.
M'incontravo con quel Dio che s'è fatto uomo.
M'incontravo con quel Dio che s'è fatto uomo per amare gli uomini e farsi accogliere da loro.
Era un Dio capace di perdonare e di riaccogliere me, che avevo ignorato o rifiutato o rinnegato la sua Volontà e disatteso il Suo Amore.
Ora mi accorgo d'essermi spiegato male: ho usato il tempo passato - “m'incontravo”, “era”, “avevo”- perché ho cominciato col guardare all'indietro, ma devo confessare che tutto questo vale anche ora; ho la speranza e la gioia di sapere che durante tutti gli anni della mia vita - se Dio me ne concederà - potrò continuare ad incontrarmi col mio Dio, pieno di amore e ben disposto al perdono, attraverso l'incontro con un prete, con un prete peccatore e misero come me.
In fondo mi accorgo di esser rimasto un bambino. Sono, come un bambino, bisognoso di tutto, bisognoso soprattutto di perdono. Credo sia la cosa più costante di tutta la mia vita. Quante cose sono cambiate dalla mia infanzia! questa no: sono bisognoso di perdono. Vivo di perdono. Ho bisogno che gli uomini mi perdonino ed ho bisogno che Dio mi perdoni.
Sono cambiate le occasioni, le circostanze e i modi del mio peccato: i miei peccati son divenuti via via più coscienti, più liberi, maggiormente influenti sulla vita degli altri, più nocivi alla mia attività, più grossi. È aumentata pure la dimostrazione di amore del mio Dio, che mi perdona. Il suo modo di perdonarmi però non cambia: egli usa ancora le parole squillanti o raffreddate, consolatrici o aride di un qualsiasi prete, uomo di questo mondo.
Nonostante la mia età, nonostante le scoperte delle scienze umane, nonostante l'aumentata conoscenza di me stesso e degli altri, non ho trovato altri modi per riconciliarmi con Dio, per trovare pace nel cuore e ritrovare l'amore e l'amicizia degli uomini. Anzi, ho scoperto con sempre maggior chiarezza quanta umanità, quanto rispetto della psicologia dell'uomo, quanta carica spirituale, quanta forza di cambiamento possieda l'incontro dell'uomo peccatore col suo Dio attraverso la mediazione del prete. Lo posso dire da due prospettive diverse: da quella di colui che chiede il perdono e da quella di colui che lo concede.
Non posso certamente pretendere che la mia esperienza abbia valore universale: ma lo presumo, perché la mia esperienza si ritrova pienamente corrispondente a quella di un'infinità di altre persone d'ogni lingua e razza e popolo, e ancora di ogni età ed estrazione sociale.
So perciò che le cose che dirò troveranno un'eco anche in te, se sei credente e se hai esperienza del perdono di Dio. E se non lo sei, se non hai esperienza e non vivi nella fede... ancora sono sicuro di... farti venire l'acquolina in bocca con un grande desiderio di provare finalmente la cosa più bella che un uomo peccatore possa desiderare: la liberazione.
Ne sono sicuro, anche se non sei credente, perché almeno uomo sei.
2. Parla I'“intelligenza” che hai.
Sei uomo.
L'uomo che non si rassegna a vivere solo mangiando, bevendo, dormendo e divertendosi, che non si accontenta cioè di fare la vita dei cavalli, si mette a pensare. Pensando si pone molti interrogativi. Non riesce a rispondere esaurientemente a tutti. Si rende conto che ci sono cose ed esperienze più grandi di lui, che sorpassano la sua capacità di comprensione. Ciò è capitato anche a me: non me ne vergogno. Anzi, credo di non essere meno uomo se riconosco di ritrovarmi sempre a corto di parole e di ragionamenti, per es., quando muore qualcuno, quando incontro qualche disgrazia, e così pure quando trovo persone contente. I miei perché rimangono punti interrogativi.
Credo che uno solo è capace di rispondere e credo pure che la risposta che ricevo non è ancora del tutto alla portata della mia intelligenza, ammesso che io sia intelligente. Cos'è la mia intelligenza? secondo alcuni è stupidità. Povero me!
Un'“intelligenza” per fare i suoi ragionamenti parte da alcuni presupposti che le fanno da colonne. La maggior parte della gente che incontri negli affari, ad esempio, ha un'“intelligenza” che parte dalla intenzione di guadagnare il più possibile, dal desiderio di eccellere, di farsi valere, di prevalere. Quando questo tipo di “intelligenza” viene usata dal mio cervello non capisco più molte cose: non capisco più perché sono prete; non capisco più perché sono cristiano, e non capisco più perché dovrei ubbidire ad un Dio, perché dovrei amare il prossimo. Non capisco più me stesso.
Per fortuna, di solito, la mia intelligenza si posa su altri pilastri. Normalmente ragiono partendo dalla certezza che il mondo è creatura e non Dio, che io sono creatura e non Dio, che i miei sogni e desideri sono creature e non Dio. Un altro pilastro è la certezza che il Dio che ha creato, ha creato tutto con intelligenza vera e stabile e con sapienza eterna, e quindi anche la mia vita è stata “pensata” e inserita in un disegno grande, bello, santo, degno di Dio. La mia intelligenza ha ancora qualche pilastro, ma non occorre che te lo dica ora.
Purtroppo, mi accorgo che, nonostante tutto quello che so e nonostante tutto quello che vorrei essere, nonostante i pilastri della mia intelligenza, mi ritrovo a vivere talvolta inquietudine, amarezza, desiderio di sparire, d'esser lontano, di non incontrare nessuno, mi ritrovo ad aver paura d'essere uomo. Come mai?
È la stessa esperienza che la Bibbia riferisce ad Adamo e a Caino. Sono caduto anch'io nel peccato. Macché peccato, mi dice la mia vecchia “intelligenza”: è soltanto senso di colpa! Senso di colpa o peccato? Chiamalo come vuoi, so io quale peso c'è nel cuore! Chi me lo leva? quale uomo può levare dal cuore questo peso?
Cos'è senso di colpa, cos'è senso del peccato? Sono parole diverse, o sono realtà diverse?
Quando un uomo esce dal suo ruolo di uomo, quando fa ciò che lui stesso e gli altri chiamano male, quando rompe o rende ostile il rapporto con gli altri uomini, si accorge di aver sbagliato: anche non ammettesse con la ragione il proprio sbaglio, lo ammette il suo cuore.
Potrei vivere tale circostanza in due modi diversi, il primo: vedo solo me ed il mio sbaglio: sono colpevole, ho sbagliato, ho rovinato me o gli altri, la colpa è mia. Io mi ritrovo di fronte a me. Il mio “io” “come vorrei essere” si trova davanti il mio “io” “come è”: essi non corrispondono. Io sono diviso in due personaggi. Chi sa ritrovare la mia unità e armonia interiore? Psicologi, psicoanalisti, ipnotizzatori... si danno il turno per risolvere gli enigmi, per far sedute e guarigioni... perché un “io” diviso in due è un "io" malato. Il senso di colpa ha portato alla schizofrenia. - Siamo tutti un po' schizofrenici -, dice qualcuno per consolarsi.
lo non mi consolo. Quando sbaglio nel vivere la vita mia personale o di rapporto con gli altri io mi ritrovo davanti al mio Dio: davanti a Colui che mi ama e che si attende da me solo amore, parole, pensieri e azioni d'amore. È lui che mi fa notare il mio sbaglio. A Lui dico il mio dispiacere; davanti a Lui riconosco d'esser peccatore, infedele e ingrato di fronte al Suo Dono costante. È l'altro modo di vivere la stessa situazione! In me c'è il senso del peccato. Il senso del peccato non è senso di colpa. Il senso di colpa è dell'uomo senza Dio - o che lo dimentica temporaneamente -, il senso del peccato è dell'uomo che vive con Dio.
3. Il cieco non vede
L'uomo che vive con Dio pecca. Non scandalizzarti. Voglio dire che l'uomo che vive in rapporto con Dio, che vive nella fede e nell'amore di Dio, chiama i suoi sbagli volontari col nome di “peccato”. Il peccato non esiste a detta di coloro che non hanno un rapporto sano e di amore con Dio; potresti incontrare qualcuno che ti dice: il peccato? non c'è, non esiste più! io non ho peccato, difatti non ho ammazzato nessuno. E quelli che hanno ammazzato arrivano a scoprire che ammazzare non è peccato perché... e tutte le scuse sono buone.
Succede così per i pesci che vivono nell'acqua: la pioggia per loro non è bagnata. Per i carboni che sono nel fuoco, il fuoco non scotta. Per chi ha addosso il letame, il letame non puzza. Chi è immerso nel peccato non si accorge dei propri peccati.
S.Giovanni, l'apostolo particolarmente amato da Gesù, dice che il “peccato” è non riconoscere Gesù Cristo, non accoglierlo come Figlio di Dio mandato dal Padre per noi. Questo è il peccato. Questo è “il peccato” per eccellenza, perché chi vive così è nelle tenebre più fitte. Chi è al buio dice di non vedere nulla davanti a sé, anche se ci fosse una montagna piena di oggetti. Chi è al buio inciampa continuamente, eppure non vede nessun ostacolo. Chi è nel “peccato” continua a sbagliare e nemmeno se ne accorge. Non mi meraviglio perciò di trovare chi mi dice che per lui non ci sono peccati, che lei non ne commette: questa affermazione è il segno della cecità, il segno del peccato peggiore, il segno che non c'è rapporto d'amore e di fede con Gesù Cristo e col Padre suo. Non convincerai mai una tale pesona dei suoi peccati finché non accoglierà Gesù nel cuore. Non arriverai mai a convincere un sordo che ci sono dei rumori: prima devi aprirgli gli orecchi.
La cosa più importante per me è perciò che io non sia al buio, senza la Luce. Da quando Gesù è la mia Luce io sono fuori del “peccato”. Da quando ho accolto Gesù come regola della mia vita, da quando ho accolto la sua Parola e la sua intelligenza come mia intelligenza e la sua Volontà come mia Volontà, da allora la mia vita è uscita dalle tenebre: da allora riesco a vedere e riconoscere ogni giorno i miei peccati. I miei peccati sono come l'inciampare di giorno: vedo in quale gradino o in quale sasso m'imbatto. Mi dico: “Stupido, che sono, non potevo guardare?”. Così i miei peccati: “Ho la luce della Vita. Non potevo fare come Lui mi dice”?
Ecco la mia convinzione: se Dio esiste, io sono peccatore. Dio, il Dio in cui credo, è Amore, Amore infinito per me e per tutti. Io sono perciò peccatore, sempre peccatore. Con questa luce vedo che sono sempre a corto di amore per rispondere adeguatamente all'Amore che ricevo. Inoltre so, dalle parole di Gesù Cristo, a cui credo più che ai miei occhi, che Dio ha pensato di farmi a sua immagine e somiglianza: mi ha fatto cioè con l'intento che io arrivi ad assomigliare a Lui, ad essere così capace di amare come lo è Lui stesso: “Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli!”, “Amatevi come io vi ho amato!”. Se penso a questa intenzione di Dio mi ritrovo ancor più fuori strada, ancora più lontano dalla meta cui sono destinato, ancor più peccatore.
Non per nulla s. Paolo ricorda ai cristiani: “Fatevi imitatori di Dio!” e s. Giovanni: “Chi ama viene da Dio”. Ma come faccio io a non esser peccatore? Ogni giorno trovo in me delle forze che mi portano a gesti e parole che, se non sono egoisti del tutto, nascono o si nutrono di un bel po' di egoismo. E l'egoismo non è amore. Come fare?
Mi consolo che anche l'apostolo Paolo abbia avuto questo problema: “lo non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti, non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio... lo trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me... Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!” (Rom. 7, 15-24).
Non mi consolo d'esser peccatore, anzi non riuscirei a sopportarmi peccatore se non sapessi che Gesù Cristo ha la vittoria di questa situazione: Egli sa darmi forza di vincere le tentazioni e di vivere nell'amore, ma - nel peggiore dei casi - è pronto al perdono del mio peccato, a cancellarlo, a riagganciarmi con l'amore del Padre, a farmi riprendere fraternità con gli uomini, a ridonarmi l'unità di me stesso.
4. La prova del nove
Hai visto certamente un elastico. Un elastico può tendersi, esser tirato, ma solo fino ad un certo punto. Se lo tiri un poco più della sua possibilità esso si spezza.
Anche il rapporto tra due persone assomiglia - tutto sommato - ad un elastico. Tra me e te può esserci tensione: una tensione che può esser allentata da una buona parola, da un sorriso, da un gesto d'amore. Ma la tensione tra due persone potrebbe anche - e succede spesso - venire esasperata dall'impuntarsi sulla propria posizione o dal volere la rivincita o dalla vendetta. In tal caso, una tensione potrebbe arrivare al punto di rottura.
Una cosa del genere capita anche nel rapporto di un uomo con Dio. Può esser bello, armonioso, filiale. Ma se l'uomo comincia a seguire la tentazione e a uscire dall'amore (atmosfera in cui dovrebbe rimanere immerso sempre anche per essere in armonia con se stesso) il suo rapporto con Dio comincia ad essere teso. Non è Dio a tirare l'elastico! Anzi, Egli cede un po', mi tiene agganciato, ma non può seguirmi se io vado lontano in direzione opposta alla sua, opposta al vero amore: allora il mio rapporto con Lui si spezza. Non sono più agganciato al Padre, non sono più figlio, non sono più nella santità dello Spirito. Una volta ho imparato a chiamare "veniale" il peccato paragonabile alla tensione dell'elastico e "mortale" quello paragonabile alla sua rottura.
Mortale: è parola grossa. Indica la fine di una vita. La vita di Dio in me non respira più, non agisce più, non illumina più. L'uomo è consegnato a se stesso.
È un grosso guaio. L'uomo “senza Dio in sé” è molto diverso dall'uomo “con Dio in sé”. Te ne sei mai accorto? Un uomo morto è ben diverso da un uomo vivo. Ebbene, la stessa differenza.
L'uomo “con Dio in sé” ha alcune caratteristiche inconfondibili. Mi è maestro S. Paolo. L'uomo “in grazia di Dio” è capace di “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Hai letto troppo in fretta: rileggi adagio, cerca di impiegare dieci minuti a leggere queste nove parole. Potresti prendere una parola al giorno per fare una novena allo Spirito Santo, una novena di supplica e di prova della vita di Dio in te. Queste nove parole sono come la prova del nove che usavi per vedere se le tue moltiplicazioni erano esatte. Se queste parole non trovano riscontro in me, il mio rapporto con Dio non è agganciato bene. Te lo dico per esperienza.
L'uomo “senza Dio in sé” ha ben altre caratteristiche. Nel suo cuore è nascosta la paura. Oh, forse è coraggioso, ma c'è molta paura: non si lascia vedere fino in fondo! Ha qualcosa da nascondere. Sfugge i momenti di vero rapporto umano, come quelli del grande dolore o della grande gioia. Li sfugge evitando di incontrarli o affrontandoli con la superficialità o con la menzogna, con la rabbia o con la scherzosità... Forse non mi capisci: pazienza, rimani alla prova del nove.
L'uomo fuori della grazia di Dio, in peccato mortale, non è bello, non dà gioia, non infonde speranza né coraggio la sua presenza. È come una fontana disseccata, o come “una coppa d'oro colma di vino pregiato in cui naviga una mosca nera”: chi se l'accosta alla bocca?
Talvolta l'uomo può arrivare a questo punto non solo con gesti o azioni clamorose quali un grosso furto, un omicidio, la bestemmia volontaria, la fornicazione, l'adulterio, l'aborto, l'idolatria, il giuramento falso, ma anche poco per volta, quasi senza accorgersi, col distanziarsi dal suo Dio in modo lento e costante: si potrebbe dire che quest'uomo muore di fame. Uno che per settimane o mesi non si nutre della parola di Dio, non cerca la vera preghiera, non si tiene a contatto con la vita degli altri discepoli del Signore, a quel tale vengono a mancare poco a poco le forze, la luce, l'udito, il vero amore. Poi t'accorgi che non lo distingui più dai pagani. Non trovi più in lui alcun segno d'esser figlio del Padre dei cieli; prima fra tutti gli viene a mancare la volontà di perdonare ai suoi nemici. È morto, senza Vita.
5. Il segreto del cuore
Il cuore dell'uomo è veramente un mistero. È capace delle cose più belle ed è capace dei delitti più macabri. Ma chissà se ne è veramente capace, o se non è invece una forza superiore a lui che lo spinge a commettere azioni disumane! Mi viene questo dubbio non tanto perché qualcuno una volta mi ha parlato di demoni o perché io voglia far da avvocato difensore ai delinquenti comuni o politici ma piuttosto perché mi è capitato più volte d'incontrare ragazzi di appena dodici anni che mi confidavano pressappoco: “Quando alla sera, sotto le coperte, voglio mettermi a pregare, mi vengono alla mente delle bestemmie, e mi viene da dirle. Io non voglio, non voglio, ma mi vengono”. Io ho creduto che non volesse, e ho creduto che gli venivano, perché anche altri mi hanno riferito cose del genere riguardo non solo alla bestemmia, ma anche al furto, all'impurità, alla menzogna. Contro una cosa del genere non servono sgridate, né ammonimenti, né commiserazioni. Solo la preghiera fatta con fede, solo l'invocazione del Nome di Gesù e del Suo Sangue, solo la benedizione ed eventualmente un piccolo esorcismo possono togliere dall'uomo una forza o una resistenza che da lui non sono volute.
Benché la situazione ora descritta non sia rara, essa non è neppure sempre chiara. Il cuore dell'uomo rimane sempre un mistero. Ed è sempre una mescolanza di coscienza e volontà, di libertà e condizionamenti, di memoria e intelligenza, di temperamento e di spirito, di affetti e di fede, per cui, chi volesse troppo distinguere spirito e anima, anima e corpo, spiritualità e psicologia, rischierebbe di parlare - invece che di un uomo - o d'un cadavere o di un'anima vagante.
In fondo siamo sempre dei bambini. Quando lo riconosco e mi metto con la semplicità e la trasparenza dei bambini davanti a Dio e davanti agli uomini, allora sono custodito e riesco a percepire l'amore sia di Dio che degli uomini. Ma quando non riconosco la mia piccolezza e cerco grandezza e autosufficienza davanti a Dio e agli uomini, allora mi pare che tutto il mondo mi diventi nemico, la mia vita diviene incontentabile e la rendo insopportabile agli altri.
Essere come bambini è un gran segreto, una grande fortuna! Gesù Cristo, che conosceva il cuore dell'uomo meglio di me e di qualsiasi psicologo moderno, aveva già svelato questo segreto a Giacomo e Giovanni e a tutti gli altri suoi discepoli. Ora lo svela anche a noi. “Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel Regno di Dio”, non potrete giungere alla piena armonia interiore delle vostre facoltà e quindi non sarete tutt'interi, e completamente, né davanti a Dio né nel rapporto di comunione con gli altri uomini.
Il bambino ha bisogno d'aiuto: lo sa chiedere e ricevere. Anche il bambino sbaglia e pecca, manca all'amore: ma ristabilisce abbastanza in fretta i legami, dimentica i torti, domanda perdono: non può stare a lungo senza l'affetto di sua madre! lo sono un bambino che non può stare a lungo senza l'amicizia di Dio, senza l'armonia piena tra me e tutto ciò che mi circonda.
Posso, come un bambino, ristabilire l'unità di rapporti che ho infranto, sia con Dio che con i fratelli?
Il bambino che chiede perdono sente che non è lui che ricostruisce il rapporto d'amore: fino a che la mamma non gli dice “Sì, ti perdono” o gli fa una carezza o un segno di riconciliazione, il fanciullo non è sicuro. Il perdono lo chiede: ma lo otterrà? Il bambino è sicuro che prima o poi (forse dopo o attraverso le botte) riceverà il perdono desiderato e così il rapporto d'affetto tornerà a risplendere; ma fino al momento in cui quel gesto o quel segno o quella parola non arriva, egli rimane triste, disperato, mutilato.
Io riconosco in questa descrizione anche la mia situazione, quale si verifica quando sono nel peccato. Io cerco il perdono di Dio, non potrei farne a meno, e sono sicuro che il Signore è così "Amore" e desideroso - come una mamma - di riavermi in braccio che è pronto al perdono; ma fino a che non ne ricevo un segno, fino a che non vedo e non sento coi miei occhi o coi miei orecchi un segno del perdono di Dio, non trovo tutta la pace di cui il mio cuore abbisogna.
6. Vedere il segno
Come per i bambini, anche per me è necessario il segno che Dio mi ha perdonato. Ma chi me lo dà? chi degli uomini è in grado di assicurarmi quest'opera di Dio? quest'opera che è così grande e riservata tra me e Lui solo, tra Lui e me?
Come potrà fare Dio a rendermi persuaso che ha ascoltato ed esaudito la mia domanda di perdono? lo non posso insegnargli, né posso pretendere segni straordinari, miracoli, lampi o tuoni strani; e d'altronde non posso convincermi d'esser stato perdonato, e quindi stare in pace, se non ho i segni concreti.
Dio, dobbiamo ammetterlo, è un bravo psicologo. Del resto è stato Lui a formare l'uomo, sa quindi com'è il suo cuore e di che cosa abbia bisogno. Per perdonare il peccato degli uomini Egli non ha certamente bisogno né di parole, né di gesti.
Ma perché l'uomo abbia la certezza del suo amore, gli viene incontro e stabilisce dei modi abbordabili alla struttura del corpo e del cuore umano.
Gesù Cristo per questo è divenuto uomo, uomo di carne ed ossa come noi. Gesù, il Cristo è “ Dio con noi ”, perché noi possiamo incontrare Dio al nostro livello senza dover diventare angeli.
È difficile credere che Gesù Cristo, il figlio di Maria che chiamava papà il falegname di Nazareth, è Dio. È stato difficile per i suoi paesani e per gli Ebrei in genere, tranne che per quelli che credevano ai fatti.
Quelle persone che avevano già delle convinzioni, delle certezze, che si sentivano sicure della propria scienza e sapienza, che avevano qualcosa da difendere, quelle non riuscivano ad ammettere che Dio potesse agire in modo diverso da come esse se l'immaginavano. Quelli invece che lasciavano a Dio libertà di agire, erano essi stessi liberi di riconoscere le sue opere: così sapevano riconoscere che le opere di Gesù erano divine. Gli altri attribuivano a Satana addirittura le guarigioni e i miracoli più belli, e la liberazione degli indemoniati (Mt. 12, 22-32), pur di non dover riconoscere che Gesù era Dio: altrimenti avrebbero dovuto accettare anche il suo insegnamento e sarebbero stati costretti ad ammettere che Dio perdonava per mezzo suo; questo era un punto cruciale. Se Dio perdonava per mezzo di un Uomo, di Gesù, avrebbero dovuto piegarsi, umiliarsi, riconoscersi bisognosi d'un uomo.
La loro superbia e il loro orgoglio arrivava così al colmo dei colmi: li accecava al punto che chiamavano bianco il nero e nero il bianco, definivano opera del Maligno i miracoli di Dio.
È proprio difficile credere che Gesù è Dio. Chi sente di non essere in sintonia con Gesù, e chi non vuole accettare tutto quel che Lui dice e fa, e quello che chiede, basta che faccia questo passo semplice: non credere alla sua divinità, non credere che sia Lui il mandato da Dio. Questo passo lo fanno molti. Così credono di giustificarsi; ritengono “santa” la propria ignoranza di alcune parti del Vangelo o addirittura la propria disubbidienza ad esse.
Quello che Gesù fa e dice e ordina di fare a riguardo del perdono dei peccati rientra nell'elenco di quelle cose difficili da accettare; le accettano le persone libere, i puri di cuore, capaci di riconoscere opera di Dio ciò che solo Egli può fare, capaci di accogliere Gesù come il Dio vivente e buono, volonteroso di salvarci.
L'uomo paralizzato, quello che è stato presentato a Gesù con poca diplomazia, a dir il vero, calato giù dal soffitto su di una barella da ambulanza, quell'uomo era un peccatore. Gesù se ne è accorto. Gli occhi parlano! Dev'essersi accorto anche del desiderio di quell'uomo di rimettersi in armonia con Dio; da solo non ce la faceva. E così Gesù, sapendo di avere autorità divina in quel momento come sempre, e di essere unito al Padre, gli assicurò con la sua parola - udita da tutti - che il peccato - il suo peccato - non esisteva più: “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt 9, 1-8).
Questa parola è azione di Dio, e il miracolo che la seguì ne è stata la prova. Quell'uomo non è più stato tirato su attraverso il tetto, né è più stato portato in barella.
Come non credere che Gesù è Dio? se lo è non posso più fare a meno dal cercare ed eseguire i suoi consigli, anche a riguardo del suo modo di perdonare.
lo credo che Gesù è il Figlio di Dio, ed è Dio: me lo insegnano tutti gli Apostoli con la loro testimonianza. Ricordo ora particolarmente la frase di S. Paolo: “In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità!” (Col. 2,9).
Gesù poi ha legato a sé pienamente ormai la sua Chiesa, “suo Corpo”, di cui Egli è il Capo. Potremmo quindi definire la Chiesa quella parte di umanità che sulla terra è indissolubilmente legata a Dio. Essa non è Dio, ma è il "luogo" in cui Dio agisce concretamente! L'incarnazione di Dio in Gesù Cristo non è un fatto passato, è un fatto eterno, continuo, attuale: Dio agisce oggi attraverso uomini di carne perché uniti a Gesù!
È importante conoscere questo mistero (= pensiero di Dio) per poter accettare il perdono di Dio dagli uomini!
7. Una violenza preziosa
Varie volte Gesù ha vissuto la gioia di vedere i suoi interlocutori, volontari o obbligati, cambiare vita dopo esser stati perdonati. Varie volte ha sentito il sospiro di sollievo e di libertà di coloro a cui diceva: “Va' in pace, ti perdono”! Un sospiro che parlava da sé. E nota bene come la maggior parte di quelle persone erano state obbligate a presentarsi a Gesù! L'adultera gli era stata scaraventata ai piedi con violenza, con odio e con sarcasmo. Zaccheo, che s'era nascosto tra le fronde di un sicomoro, s'è sentito dire: “Vieni giù, oggi devo venire a casa tua”. II ladrone, se non fosse stato appeso ad una croce proprio quel giorno, non avrebbe avuto la fortuna che ha avuto.
Persone obbligate o dalla situazione o da Gesù stesso a inginocchiarsi e chiedere il perdono! Ma esse non sapevano ancora quale dono sarebbe stato loro fatto né pensavano che avrebbero potuto ottenerlo. Queste esperienze raccontate dal Vangelo mi portano la memoria al S. Curato d'Ars, Giovanni Maria Vianney. Quando gli si avvicinava qualcuno a chiedergli consiglio, per altolocato che fosse, lo faceva anzitutto inginocchiare e lo “obbligava” a chiedere perdono, a confessarsi. Bravo, aveva compreso il metodo di Gesù, e aveva compreso che un'anima perdonata e cosciente d'esser perdonata è capace pure di ragionare! Altrimenti, parla e parla e parla, continui a girare attorno al problema senza toccarlo. Il problema è uno solo: il peccato. Se il peccato pesa nel cuore e non viene eliminato, quel cuore non è in grado di capire, di ragionare, di aver luce sulle cose fondamentali della vita e della morte, semplicemente perché non è libero. Il problema è questo: togli il peccato, e tutto sarà diverso, tutto acquisterà nuova luminosità e limpidezza. Gesù ci tiene a perdonare.
Queste esperienze le ho fatte pure io: sulla mia pelle e su quella degli altri. Ne ho un'esperienza abbastanza vasta: puoi credermi.
Gesù Cristo ha visto quant'è indispensabile per l'uomo sentire con gli orecchi l'assicurazione del perdono di Dio. Egli aveva visto le folle che accorrevano da Giovanni il Battista: aveva visto che a lui, uomo, confessavano i propri peccati, per ottenere soltanto la promessa del perdono! Quale desiderio di aprire il cuore ad un uomo di Dio!
Gesù ha visto ed ha capito che questo sarebbe stato il problema numero uno di tutti gli uomini di tutti i secoli di questo pianeta, visto che tutti sono peccatori. Ha pensato per loro. Ha trovato un sistema “economico”, se volete, ma rispettoso, oltre che della psicologia degli individui, anche della loro libertà. Un sistema che è anche impegnativo e serio. Ha consegnato il suo potere di perdonare i peccati ad altri uomini. Non ad uomini qualsiasi, naturalmente, non a quelli che non avevano fede in Lui, ma a quelli che Gli davano fiducia, che gli promettevano di rimanere uniti e di vivere nel suo insegnamento. Non ha cercato uomini senza peccato, non ha cercato uomini perfetti: sapeva che non li avrebbe trovati. È stato costretto a consegnare il compito di perdonare ad uomini capaci di peccare, bisognosi essi pure di chiedere perdono. Ma Gesù non si è pentito di questo suo atto di amore per noi.
A Pietro, trovandosi presso la città di Cesarea di Filippo, ebbe a dire: “A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 19). E poi, a Cafarnao, a tutto il gruppo degli Apostoli, a proposito delle colpe dei fratelli, ripeté: “In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo” (Mt. 18, 18).
Volle confermare tutto ciò ed esplicitarlo meglio, se ce ne fosse stato bisogno, perché comprendessimo che questo compito poteva essere in mano ad uomini peccatori; volle convincere gli Apostoli che questo era il loro compito principale nel mondo, compito a cui non potevano sottrarsi senza disubbidienza grave; ecco dunque che il giorno stesso della sua Risurrezione, il giorno di Pasqua, alla sua prima apparizione nel Cenacolo, dopo aver perdonato ai discepoli la loro paura, la loro fuga e il loro rinnegamento, disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20, 22-23).
Sono parole stupende. Da queste parole dipende la mia libertà. Se io sono stato perdonato infinite volte lo devo a queste parole, e se io, peccatore, accolgo i peccatori e li perdono nel nome di Dio è solo perché devo ubbidire a queste parole. È un dovere che adempio con gioia. È pure un atto di fede. Non so se sia più grande l'atto di fede di colui che si confessa o quello che faccio io prete nel dargli il perdono dell'Onnipotente!
È un atto di fede in Dio e di amore per gli uomini che compio con gioia!
8. Un amore che vince il timore
Da quel giorno, dal giorno di Pasqua, la Chiesa ha continuato ad annunciare che Dio perdona. Lo annuncia a tutti, perché tutti sentano e lo sappiano, e poi attende i singoli, mano a mano che si decidono, per dare loro, personalmente, il perdono di Dio. Non è solo profetico l'annuncio della Chiesa, è anche sacramentale. Non si limita cioè a dire che Dio è capace di perdonare, ma trasmette il perdono stesso con un gesto concreto e vero. Non dice solo, ma fa pure!
La Chiesa, la comunità dei credenti si è presa un altro incarico: conoscendo la riluttanza di molti e il peso che il peccato esercita sull'uomo per tenerlo lontano dall'umiltà del chiedere perdono, obbliga i suoi membri ad inginocchiarsi almeno una volta all'anno, per domandare misericordia. Mi piace vedere la Chiesa così decisa: essa si rende conto di fare la cattiva figura d'assomigliare ai farisei che obbligarono l'adultera a mettersi ai piedi di Gesù, ma è pure cosciente di fare quel che Gesù stesso ha fatto con Zaccheo: “Vieni giù, oggi devo fermarmi da te”. Pensino pure tutti quel che vogliono; ciò che preme alla Chiesa è il bene dei suoi figli, che siano perdonati, che siano umili, che perdano la boria accumulata nel frequentare i peccatori. Essa esercita così quel “sarà legato anche nei cieli”. Anche “nei cieli” ora si sa che i cristiani devono, almeno una volta all'anno, chiedere perdono alla Chiesa. Gesù Cristo, il capo della Chiesa, vuole ciò che la Chiesa vuole. Ed è il nostro bene. Ma questa “violenza” della Chiesa verso i suoi membri non è sentita dalla maggior parte di essi. Perché? ma perché essi non attendono Pasqua, quando sanno e sentono di aver bisogno del perdono di Dio! Io non aspetto che il mucchio di spazzatura della mia casa fermenti prima di prendere in mano la scopa: chi toglierebbe poi la puzza che si impregna persino nei muri? Non attendo un anno a presentarmi all'apostolo di Gesù per fargli dire per me la parola della riconciliazione. E, come me, molti altri cristiani hanno compreso che la vita può esser vissuta bene solo se è perdonata, che l'amore a Dio esige che ci umiliamo e gli permettiamo di perdonarci, che l'amore alla Chiesa e ai fratelli non è perfetto se non diffonde con costanza il soave profumo del perdono ricevuto.
lo non aspetto di aver peccati mortali, non attendo che l'elastico sia spezzato, per presentarmi al ministro della Chiesa. Ho imparato che il perdono di Gesù mi fa bene anche per i peccati “veniali”. La Chiesa non mi obbliga, mi consiglia soltanto. Io accetto anche i consigli. Non credo poi che il mio domandare perdono ad un prete per peccati non gravi sia soltanto egoismo: fosse per egoismo, non andrei a confessarmi mai! L'egoismo gioca brutti scherzi: cerca tante scuse e fa nascere e crescere la vergogna.
Ho imparato a chiedere il perdono di Dio subito, appena posso, dopo aver commesso il peccato. È stato l'amore ad insegnarmelo.
Ho notato che io sono... non solo un individuo che fa la sua vita: ho notato che, dal momento che vivo in società, ho un compito sociale. II compito primo e principale della mia vita - come pure della tua, chiunque tu sia - è di essere uno strumento nelle mani di Dio. Egli mi affida compiti e servizi, che devono esprimere l'amore del Padre per i fratelli e per il mondo. Giacché sono uno strumento di Dio - e voglio esserlo - cerco il più possibile d'esser libero da ogni male. Non sarebbe bello vedere un artigiano lavorare con un martello difettoso o un pittore dipingere con pennello scassato o un contadino andare ai campi con la zappa che perde il manico!
Non è bello vedere Dio, il Dio che amo, agire in questo mondo con uno dei suoi figli intorpidito dal peccato, intiepidito e bloccato dalle sue mancanze e debolezze. Per amore del mio Dio, perché Egli possa far bella figura laddove adopera me per trasmettere il suo amore, io cerco che il mio cuore possa godere il più possibile del suo perdono nei modi che Egli stesso mi offre: se necessario anche tutti i giorni.
È stato l'amore a spingermi a confessarmi spesso ed è stato l'amore a darmi la forza di vincere la vergogna. La vergogna dei peccati non la provi solo tu, la provo anch'io. Io provo vergogna davanti a me stesso, e davanti al prete che mi ascolta, come tu provi vergogna davanti a me. Vedrai che l'amore vince il timore. L'amore a Dio Padre e a Suo figlio Gesù, la volontà di fargli onore schiaccia la testa alla vergogna ed al rispetto umano.
9. Peccato, affare sociale
L'amore mi ha insegnato a confessarmi spesso. A dirti il vero non è stato solo il mio amore per Gesù e per il Padre a farlo. Ha giocato un ruolo grande anche il mio piccolo amore per i fratelli, per te. È andata così.
Da prete mi trovavo - come ora del resto - a continuo contatto con la gente, piccoli e grandi. Tutti si aspettavano da me non solo santità di pensieri, ma anche generosità d'azione, disponibilità immediata, libertà interiore a ridere con loro come pure a piangere per le loro tristezze, a meravigliarmi dei loro stupori. Non era solo una loro aspettativa, era anche mio desiderio essere così. Mi accorgevo però, con sempre maggior chiarezza, che i miei peccati, anche quelli piccoli (il Signore mi perdoni se chiamo piccole le offese al suo amore!), creavano un ostacolo. I peccati, se non erano ancora perdonati nel sacramento della Riconciliazione, bloccavano il mio spirito, non gli permettevano di essere del tutto attento ai fratelli, al loro spirito; bloccavano o indebolivano la mia generosità, la mia prontezza, la mia spontaneità, la mia gioia, cose da cui tutti avrebbero avuto vantaggio: in una parola, i miei peccati bloccavano la mia capacità di essere testimone gioioso di Gesù Cristo.
Questo succedeva a me prete. Ero prete e non posso dirti una cosa per un'altra. Credo però che la stessa esperienza la faccia anche tu, anche se non sei prete. Anzi, ti assicuro che è così anche per te: tu forse non te n'accorgi, se ancora non hai sensibilizzato la tua anima ed il tuo spirito a recepire questi fatti. Io però ho esperienza di uomini e donne, giovani, adulti e anziani di ogni condizione: per questo posso assicurarti che succede così anche per te.
L'amore per i miei fratelli dunque, accanto all'amore per Dio, in definitiva “l'amore”, mi ha convinto e spinto a cercare spesso un prete. Lo cercavo anche di giovedì, non solo al sabato, e - occorrendo - usavo le ruote di qualche mezzo privato o pubblico: bici, moto, auto. L'amore è capace di queste cose.
Ti ho detto come ho fatto io. Un giorno mi dirai come avrai fatto tu: ci terrei che tu me lo raccontassi!
L'amore a Dio e l'amore ai fratelli è un unico amore. Il cuore che ama non è diviso tra Dio e i fratelli. Il cuore che ama è in Dio e raggiunge i fratelli amati da Dio.
Così pure il male che io faccio è contro Dio ed è contemporaneamente contro i fratelli. Il peccato più nascosto estende le sue conseguenze malvagie su tutti i miei rapporti sociali. Ogni mio peccato rende meno bello, meno credibile il volto della Chiesa, le toglie la dimensione divina, abbassa il tono generale della parrocchia e della comunità cui appartengo, sostiene gli altri nella loro tiepidezza, se non ve li attira addirittura.
Dal momento che io sono membro della Chiesa, ogni mio peccato le appesantisce il cammino. La Chiesa è resa leggera e vivace dallo Spirito Santo che l'avvolge e la riempie. Se io introduco in essa un altro “spirito”, e lascia che il Maligno - attraverso il mio peccato - vi ci metta lo zampino... la sua testimonianza non è più chiara, la sua preghiera diventa menzogna: con la bocca dice “venga il tuo regno” e con le opere compie il male.
Ogni peccato di un cristiano è aggravato proprio per il fatto che non è solo offesa a Dio, ma anche offesa alla famiglia di Dio, la Chiesa.
Ancora peggio se il mio peccato è nascosto agli occhi degli uomini: se lo vedessero almeno saprebbero difendersi! non vedendolo credono ancora al mio esempio, divenuto per nulla carico di fede e d'amore. Ogni mio peccato contro Dio è, quindi, un furto alla comunità cristiana, come pure ogni peccato che offende un uomo è offesa diretta a Dio, che lo ama.
Anche il perdono che io ricevo dal prete è perdono sia di Dio che degli uomini. I membri della comunità cristiana riconoscono al prete, oltre alla rappresentanza di Dio, anche quella del Vescovo e dei membri della Chiesa. Il Vescovo, che ha ricevuto per successione apostolica i poteri affidati da Gesù agli apostoli, è il solo a poter perdonare i peccati nel nome di Dio; egli dà partecipazione di questo compito ai suoi preti. (Difatti, se io vado in un'altra diocesi devo chiedere al Vescovo di quel luogo il permesso di confessare. Il mio Vescovo me l'ha dato per la sua Diocesi, per la sua comunità diocesana. Questa legge è una garanzia per te, perché tu non possa essere imbrogliato da qualcuno che voglia spacciarsi per prete)!
I cristiani che ricevono il perdono di Dio sentono di essere pure già perdonati da tutta la Chiesa, da tutti i cristiani: ciò che fa il Capo è accolto dal Corpo, quello che fa Cristo lo fa pure la Chiesa. Il perdono che io prete ti dò è anche il perdono dei cristiani. Essi lo sanno e, quando vedono che mi dispongo ad ascoltare i peccati dei loro fratelli per perdonarli, essi pure dispongono il proprio cuore a perdonare tutto a tutti.
Questa del resto è una condizione essenziale per esser noi stessi perdonati da Dio. Se io non perdono agli altri le loro offese non sono in grado di ricevere il perdono da Dio. Gesù ce lo ha voluto mettere in testa così profondamente: “Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”! Ma gli altri mi offendono spesso! C'è qualcuno poi che me le combina grosse! Quante volte posso perdonare? Non ti meravigliare. San Pietro aveva questo problema. Sai già cosa gli ha risposto Gesù (Mt 18,21-35).
Mi sembra di capire così il pensiero di Gesù: se perdoni veramente una volta, sei di nuovo in piena unità di amore col fratello che ti aveva fatto torto. Il prossimo perdono che gli darai sarà soltanto ancora il primo. Come fai a contare quante volte hai perdonato? Questi calcoli sarebbero il segno che non hai mai veramente perdonato.
10. Un abbraccio eterno
Il famoso "settanta volte sette" che Gesù ha detto a Pietro non è stata una prova della sua intelligenza matematica; è stato piuttosto una rivelazione, la rivelazione di un segreto nascosto da sempre a tutti: il cuore di Dio. Chi poteva conoscere il cuore di Dio? Chi avrebbe potuto immaginare che Dio non ha presso di sé un registro su cui annotare quante volte usa la sua misericordia?
Se Gesù dice a Pietro di perdonare sempre, ciò significa che Egli, Gesù, ha già imparato dal Padre a perdonare sempre; significa ancora che il Padre è disposto a perdonare ogni volta che un figlio glielo chiede. Dio non smette mai di essere misericordioso! Ogni atto di perdono non è che un briciolo anticipato di quell'immenso abbraccio di perdono con cui Egli accoglierà la nostra vita quando gliela consegneremo alla fine.
L'abbraccio di Dio del resto non comprende solo il perdono dei peccati, ma anche la remissione dei debiti. Debiti con Lui ne accumuliamo ogni giorno. E non sappiamo neppure quanti, non ci rendiamo conto della somma di cose che riceviamo da Dio! Siamo debitori. Sono debitori anche i nostri fratelli nei nostri confronti, ma in misura sensibilmente inferiore, come diecimila talenti sta a cento denari: diecimila milioni a mille lire! Se il tuo Padre ti condona i diecimila talenti, tu ti farai pagare a tutti i costi le mille lire da un tuo fratello? Lasciati perdonare settantavoltesette, e disponiti ogni giorno a perdonare settantavoltesette!
C'è stato un periodo in cui trovavo difficoltà a farmi perdonare spesso da Dio: “Come posso pretendere che il Signore mi perdoni tante volte?” “ I peccati sono sempre gli stessi”! “Dopo che sono confessato non sono più buono di prima”!
Ora invece ringrazio Dio per la sua misericordia, che sorpassa il settantavoltesette! Se Gesù ha richiesto così a Pietro, ciò significa che Egli per primo è disposto a farlo. Non ci chiede di fare cose che Egli non abbia già fatto!
"I miei peccati sono sempre gli stessi": non è vero! Quelli di oggi sono sì dello stesso tipo di quelli di ieri, ma sono altri, forse più gravi, proprio perché nel frattempo ho gustato il perdono di Dio e della Chiesa, sono stato arricchito di grazia, ed ancora sono ricaduto.
Sono più buono dopo che mi sono confessato?
Oh, solo Dio è buono! Certo, dopo esser stato perdonato ho un motivo in più per amare il Signore, il Suo amore mi ha maturato, ma poi mi scopro debole, quale lo ero prima. Ciò che m'importa però che Dio è buono, così non mi scoraggio. Se ricado nella stessa colpa mi umilio ancora davanti a Lui e ai fratelli e mi lascio nuovamente perdonare perché la mia vita deve dar gloria a Dio ancora! Pretendere da me stesso di non peccare più sarebbe grave superbia: mi porterebbe a non voler più dipendere dalla misericordia di Dio, a non voler ammettere di aver bisogno ancora di Lui!
Se non trovo subito l'occasione di ricevere il perdono sacramentale, prometto nel mio cuore di farlo al più presto e chiedo perdono interiormente con la preghiera del pubblicano: “Signore, abbi pietà di me, peccatore”! Così consegno a Gesù il mio peccato per non permettergli di continuare la sua opera distruttrice della gioia, della fede, della sicurezza interiore.
Questa è un'arte da imparare. Se il peccato viene lasciato a se stesso rovina il cuore, si attira l'attenzione della mente, diviene un blocco interiore, fa da sostegno allo scoraggiamento. Bisogna imparare, un po' alla volta, a non dargli tempo nè attenzione, tornando subito col cuore a Gesù. Lo scoraggiamento è un grosso disastro: si crede addirittura di far bene a scoraggiarsi, ed invece questo è un inganno. Lo scoraggiamento è superbia ferita che vuole una rivalsa sull'anima tenendola schiacciata e oppressa. Lo scoraggiamento non viene mai da Dio! Esso è un segno che la mia attenzione è rivolta a me stesso, non impegnata a cercare la gloria di Dio nella mia vita. Lo scoraggiamento è un'astuzia del Maligno che vuole allontanare il peccatore dal perdono di Dio. Guai badarvi!
Ti ripeto la frase di una santa, non ricordo più quale, che mi ha aiutato tanto: “Se guardo a me sono nella tristezza; ma se guardo a Te, Signore, sono nella gioia ”!
L'attenzione ai miei peccati è micidiale: essi sono il segno della potenza del “padre delle tenebre” sulla mia vita. Se do importanza ai miei peccati e lascio che essi, con lo scoraggiamento, continuino ad aver influsso su di me, do gloria a colui che li ha provocati: e non vorrei mai dar gloria a Satana!
Per questo stesso motivo alle mie confessioni cerco di esser sincero e completo. Voglio mettere alla luce tutto, ogni peccato, perché il Maligno non possa vantare qualche diritto su una parte del mio cuore. Il padre delle tenebre non deve trovare angoli oscuri nel mio spirito, cosicché possa nascondervisi. Tutto alla luce, tutto alla Luce!
La trasparenza della mia anima è la sua difesa più grande e la sua fortuna più bella!
11. Come un pastore di ... porci
lo metto i miei peccati alla luce anticipando il Giudizio universale! Allora tutti sapranno tutto: “Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto...” (Lc 12,2-3) Metto alla luce il male che ho commesso facendolo conoscere all' “amministratore di Dio” (Tt 1, 7), il prete.
Il mio peccato ha influito negativamente su tutta la comunità dei cristiani. Io ne sono membro. Se voglio tornare ad essa per riceverne i benefici del Pane e della Parola di Dio, per goderne la comunione di preghiera coi fratelli, è doveroso e giusto che io chieda perdono ad essa, alla comunità. Essa riconosce il prete suo rappresentante sia nel ricevere la domanda del perdono come nel dare il perdono stesso. La comunità cristiana, con a capo Gesù Cristo, sa che io sono "costantemente" peccatore e che i miei peccati "veniali" sono quotidiani. Lo sa e non pretende da me, per ammettermi anche alla Comunione sacramentale, l'Eucaristia, che io mi confessi tutti i giorni. Si accontenta che io mi riconosca peccatore, che viva in umiltà l'inizio della Messa chiedendo perdono insieme con i fratelli. Non devo confessarmi ogni volta che vado alla Comunione! Però ogni volta che ho coscienza d'aver offeso gravemente lo Spirito Santo, sia in rapporto a Dio che in relazione ai fratelli che nell'armonia del mio cuore, allora non attendo la solennità in cui si va alla Comunione per cercare di riconciliarmi col Signore!
Ci sono anche situazioni in cui mi accorgo di aver offeso particolarmente una persona sola o un gruppo ristretto di persone: in famiglia per esempio. Chi mi impedisce di chiedere perdono - non di scusarmi - al fratello che ho offeso? E quel tale cui chiedo di perdonarmi, cosa dovrà fare? cercare di dirmi che non è niente? che lasci perdere? che non si è accorto di nulla? No, così non mi piace. Se ti chiedo perdono, dimmi: sì, ti perdono. Sarei addirittura più contento se tu facessi quello che S. Francesco d'Assisi esigeva dai suoi frati (che non erano preti): perdonatevi l'un l'altro nel nome di Gesù! Quando ti chiederò perdono tu potrai dirmi: “Ti perdono, perché Gesù perdona”; oppure “Il mio perdono te lo do nel Nome di Gesù”! “Ti perdono nel Nome di Gesù”. Non è l'assoluzione sacramentale, perché tu non sei prete, ma è già di più che niente. Anzi, se viene chiamato in causa Gesù stesso, nel cui Nome c'è salvezza, in quel momento il mio peccato perde la sua forza per la potenza del Nome di Gesù! Consiglio anche ai coniugi di fare così a perdonarsi! Provate, e Gesù Cristo non mancherà di creare tra voi un'unità ancor più profonda di prima.
È bello, anche, perdonare! Perdonando mi accorgo di compiere un'azione divina. Coraggio, perdona, fratello o sorella, perdona, perdona! Noi contribuiamo alla salvezza del mondo, perdonando! Il perdono vero diffonde nel mondo luce, gioia, splendore divino. Non scusare i fratelli, perdonali! perdona anche i rancori vecchi, anche i torti grossi, quelli che i tuoi amici e i tuoi parenti non perdonano. Perdona! Quando perdoni veramente, hai la prova d'essere amico di Dio, anzi d'essere immerso in Dio. Se perdoni ti rendi capace di accogliere più profondamente il perdono che Dio dà a te: lo saprai valutare meglio, nella sua giusta dimensione.
Se perdoni potrai comprendere il cuore di quel Dio che perdona te. Com'è importante! Anche il perdono che tu ricevi da Lui ha lo scopo di farti entrare nel cuore di Dio, di tornare alla piena comunione con Lui.
Questa è l'altra faccia della medaglia: non mi confesso, non chiedo perdono cioè solo per togliermi di dosso il peso dei miei peccati. Sarebbe troppo poco. Mi confesso per tornare al Padre. Lontano da lui mi ritrovo a pascolare porci, come il figlio prodigo. Non provi forse anche tu questa impressione quando non godi intimità con Dio e non vivi per Lui? sei un pastore di porci! ti manca il pane, ti manca il riposo, ti manca la gioia. Quanti volti tristi si vedono sulla faccia della terra! perché? Si sta pascolando porci! Ecco cosa fece colui che pascolava i porci:
“Allora rientrò in se stesso e disse: quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre” (Lc. 15 17-20).
12. La festa strappata al cielo
Coraggio, figliolo, ritorna!
Nella casa di tuo padre c'è la gioia, ci sono fratelli, c'è una madre, c'è riposo per il cuore. Ritorna! C'è addirittura una festa preparata. In cielo si fa festa quando un peccatore si converte! Gesù lo ha detto proprio per incoraggiarti! C'è una festa in cielo, una festa che si comunica al tuo cuore e alla tua casa, perché dal cielo trabocca sulla terra, tanto è grande.
Non aver paura di nulla. Fossero anche vent'anni che vuoi far da solo e che non ti inginocchi davanti ad un prete, anche se non ti ricordi più come si fa, anche se i tuoi “amici” ti deridono, anche se sei considerato da tutti un mangiapreti fatto e finito, anche se ne hai combinate una di più di quelle che riesco ad immaginarmi, non avere paura: anzi, proprio allora puoi procurare una grande festa agli angeli e ai santi! Riscopri il bambino che è in te, ripensa al bisogno del tuo cuore, torna all'amore semplice e infinito di Dio. Va', o vieni, a confessarti!
La cosa più importante della confessione, in fondo, non sono nemmeno i tuoi peccati. Vedi, a me piace paragonare la confessione al... mangiare una caramella. Quando mangio una caramella tolgo la carta, la prima e la seconda ed eventuali pezzettini che vi rimanessero appiccicati e li butto via. Poi metto in bocca il confetto, e lo gusto con gioia e piacere.
Quando mi confesso faccio la stessa cosa: butto via con cura tutti i miei peccati, poi mi gusto la gioia dell'amicizia di Dio, della pace interiore, della serenità. Questa è la cosa più importante, è ciò che resta: il dono che Dio mi fa.
Certamente, cercherò di consegnare tutti i miei peccati, altrimenti come potrò entrare nel cuore del Padre? In Dio non c'è posto per il male, per il peccato, per la tenebra: entrando in comunione con Lui non posso portarmi dietro nessun peccato, nessun'ombra di male.
Questo vale naturalmente per entrare in comunione con Dio sia spiritualmente che sacramentalmente, attraverso la partecipazione al Pane eucaristico. Andare a Messa prendendo la "Comunione" sacramentale, senza aver prima ottenuto la Riconciliazione sacramentale qualora ce ne fosse bisogno, diverrebbe un grave sacrilegio!
La comunione perfetta con Dio è una grazia, un dono così grande, che mi fa desiderare veramente di eliminare ogni ricordo di peccato nella mia vita!
E il dono che Dio mi fa lo voglio custodire. Una vita santa sarebbe ancora poco per ringraziare Gesù Cristo ed il Padre e lo Spirito Santo della grazia che riversano in me col perdono!
Dovrei cercare veramente di camminare con Dio, istruirmi sulla Sua volontà, far di tutto per non ricadere nelle stesse mancanze di prima. Egli lo merita. Gesù Cristo è degno che la mia vita gli faccia onore. Comincio questo nuovo cammino col fare quel che il prete mi dice. Egli mi dà una “soddisfazione” o “penitenza”, come la chiamano molti. Per la pigrizia dei cristiani e la svalutazione del Sacramento i preti si son ridotti a dare come compito la recita di una breve preghiera. Tu non accontentarti. Chiedi al prete o inventati tu qualcosa, qualche gesto di amore e di generosità, che diventi segno della tua conversione e della festa degli angeli cui partecipi.
Quando si è in festa si è più generosi del solito. Quando ti sarai confessato e riconciliato con Dio cerca un gesto d'amore perché la festa del cielo, nascosta nel cuore, diventi festa sulla terra! Non occorre sia sempre un invitare il prete che ti ha perdonato a bere un bicchiere insieme! può essere anche la visita ad un malato, un'ora passata a far compagnia agli anziani del ricovero, un'offerta ad un orfanotrofio... La tua fantasia è più grande della mia. Cerca non solo la rinuncia alle occasioni del peccato, cerca soprattutto un segno che porti la festa dal cielo sulla terra.
L'esperienza più grande dell'uomo, quella più gradita e desiderata, è l'esperienza del perdono: questo è il motivo che ha spinto Dio a mandarci il Figlio suo, è il motivo per cui Gesù è morto in croce e ha donato il suo Spirito. Dio cerca l'uomo - l'Adamo di tutti i tempi - per perdonargli, perché possa vivere già qui la festa eterna.
Ma - è ormai superfluo dirlo - il perdono viene donato perché l'uomo che lo riceve viva in comunione nuova e profonda con il Padre ed il Figlio suo.
Sarebbe un delitto senza precedenti ricevere il perdono per poi tornare, con libertà di cuore!, ai propri interessi, ai propri egoismi, ignorando i desideri di Dio! S. Pietro direbbe: “Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago”! (2 Pt 2, 22)
Sono due immagini impressionanti e, purtroppo, in taluni casi, vere. Chi ottiene il perdono di Dio e della Chiesa cambia il suo atteggiamento profondo nei riguardi di Dio e della Chiesa, si sente di famiglia con Dio e con la Chiesa, cammina in unità di spirito con tutti coloro che vogliono vivere come figli di Dio seguendo le orme di Gesù! Espliciterà la sua nuova situazione partecipando con costanza anche alla Comunione Sacramentale col Corpo di Cristo, all'Eucaristia, “culmine e fonte” della vita cristiana.
Infine, ogni volta che sono perdonato mi preoccupo di rimanere in Dio e che Dio rimanga in me.
Come me ne potrò accorgere?
13. I segni della comunione con Dio
“Da questo si conosce che noi rimaniamo in Lui ed Egli in noi:
Egli ci ha fatto dono del suo Spirito” (Gv 4, 13).
Avere la certezza che siamo in Dio e Dio in noi! com'è possibile? È ciò che desidero con tutto il cuore: vederti non posso, contemplarti, solo nelle Tue opere. Possederti è gioia che ricompensa e oltrepassa il desiderio degli occhi: ma fino a quando?
Fino a quando sei in me ed io in Te?
I miei sensi non Ti sentono, se non a sprazzi, come bagliori passeggeri. ll mio cuore non avverte che di sfuggita la Tua presenza luminosa e abbagliante.
Quali segni ricercare allorché mi pare di esser immerso nella notte, nel buio, nell'aridità, nella terra?
I Tuoi segni sono inconfondibili, e devono esserci perché, dove Tu sei, non puoi rimanere inoperoso: la luce, la tua luce, non lascia tenebre attorno a sé. Il tuo segno è nello spirito: Tu ci hai dato del Tuo Spirito. Hai preso del Tuo e l'hai messo nel cuore umano. Hai preso del Tuo Spirito Santo e l'hai riversato in me; ora c'è parte della Tua profondità nel mio cuore: amore al Padre, volontà di compiere il suo Volere, perdono per gli uomini e desiderio della loro salvezza, gioia nel dare, consolazione per i miseri; la mia presenza dona pace al malato e sicurezza all'incerto nella fede. Mi hai dato del Tuo Spirito: sono in Te e Tu in me.
Non potevi agire meglio. I miei sensi, anche se non godono la consolazione della Tua visione, sono pronti al dare più che al ricevere: perché Tu sei amore, sei dono, sei gratuità.
I miei sensi, il mio sentire e gustare si trovano nella notte, nella sofferenza, nel distacco, perché essi sono come lo stoppino della lampada: devono sostenere la luce per il mondo. Essi muoiono perché viva il Tuo Spirito e il mondo riceva la tua vita.
Non cerco soddisfazione per me dalla tua Presenza in me: metti in me il Tuo Spirito, e che io possa solo accorgermi della Sua opera al di fuori di me!
Ti renderò lode in eterno!
La mia prima lode sarà il permetterti di togliere da me il male, di cancellare il mio peccato! Tu godi nel lavare le vesti dei tuoi figli rendendole più bianche della neve!
Ebbene, purificami e lavami, perché io possa rimanere in Te e Tu in me!
14. Due confidenze
Permettimi ancora due confidenze che ti potranno servire.
Quando cerco il motivo per cui mi voglio confessare, mi trovo talvolta in momenti d'egoismo; sono egoista anche quando mi pento dei miei peccati: lo faccio perché voglio essere di nuovo giusto davanti a Dio, voglio diventare migliore, non voglio più rimorsi sulla coscienza. Ma quando l'amore è in me, diventa un atto d'amore anche la mia confessione!
Voglio procurare una gioia al Padre!
Voglio apprezzare la Morte di Gesù Cristo!
Voglio togliere pesi inutili alla Chiesa!
Voglio tornare ad essere testimone gioioso della Presenza e dell'opera del Signore risorto!
Voglio dare un ulteriore sbocco alla Vittoria di Gesù sul male!
Voglio tornare ad esser nella libertà di cuore per amare tutti con disinteresse!
Voglio tornare ad essere strumento adatto e docile nelle mani di Dio!
Mi sono accorto che, se mi confesso con motivi egoistici, rimango sotto l'influsso del mio egoismo e la tristezza non scompare dal mio cuore e dal mio volto.
Chi si confessa invece per motivi d'amore... si mette a volare!
Quand'ero un ragazzo, per confessarmi cercavo una volta un prete, un'altra volta un altro: volevo cambiare. Non volevo farmi conoscere peccatore da chi mi conosceva.
Crescendo ho capito che quel modo di fare era un inganno: cercavo la confessione solo per alleggerire il cuore, non per avanzare nell'amore di Dio e nel seguire Gesù. Se nel mio intimo avessi desiderato camminare nella vita spirituale, crescere nella “statura dell'uomo interiore” perché Gesù Cristo fosse potuto divenire in me sempre più forte e chiaro, allora avrei dovuto lasciarmi aiutare, farmi aiutare. Per questo è necessario che il prete - uomo di Dio - mi conosca e veda se e come progredisco nello spirito.
Grazie a Dio ho compreso questa necessità ancora in giovane età. Da allora cerco un prete esperto che mi conosce bene, sempre lo stesso possibilmente, per aprire il cuore e ottenere non solo il perdono di Dio, ma anche consigli e sollecitazioni adatti al mio caso per vivere nello Spirito Santo.
Un uomo così, un prete così, lo chiamo "padre spirituale". Anch'egli si preoccupa che io “rimanga in Dio e Dio rimanga in me”!
15. Sincerità
Dopo aver finito di scrivere queste pagine, ogni volta che apro il Vangelo mi verrebbe la voglia di cominciare da capo: scopro continuamente nuovi aspetti del perdono di Dio, della sua misericordia. Ma poi penso: queste pagine sono solo una comunicazione di esperienza, esperienza di un peccatore che si lascia perdonare ed esperienza di un prete che perdona “occupando” il posto di Dio. Nessuno cerca la completezza di una esposizione dottrinale, né biblica, né storica, né liturgica, né sapienziale in queste poche pagine: esse sono solo un... cuore che si apre per donare quello che ha ricevuto e per lodare la grazia del Signore.
Chi ha buona volontà trova ancora molti spunti di riflessione e di luce su tutte le pagine della Bibbia: Dio ha compiuto infatti la sua avventura con l'uomo per rimettergli i peccati e ritrovare la comunione con lui. La Bibbia, ogni pagina, riflette questa Sua Volontà! Più sotto elenco alcune tra le pagine maggiormente significative a questo riguardo, perché anche tu possa, con calma, trovarle, leggerle e goderne.
Ora, dopo che hai letto tutto, voglio esser ancor più sincero ed onesto con te, fino in fondo. Sai perché ho scritto tutte queste pagine mettendo in piazza i miei sentimenti e le mie esperienze?
Avrei voluto convincerti ad accettare quel dono di Dio che chiami Confessione -Riconciliazione: avrei voluto convincerti ad andare a confessarti.
Ci sono riuscito? io non lo saprò mai, e non voglio saperlo. Se ci fossi riuscito, va' subito, cerca un prete e apri il tuo cuore a Gesù, per fargli posto.
Se non ci fossi riuscito... allora sì, scrivimelo. Il mio fallimento m'aiuterà a rimanere umile e a godere non di ciò che ho fatto, ma solo dell'amore eterno del Padre per questo povero prete presuntuoso.
don Vigilio Covi
BRANI DA MEDITARE SUL PERDONO
ESODO 20,1-21 Le dieci parole
SIRACIDE 28,1-7 Perdona - sarai perdonato
ISAIA 43,22 - 28 Per riguardo a me non ricordo i tuoi peccati
53,1-12 Su di Lui la nostra iniquità
VANGELO secondo:
MATTEO 9,10-13 Gesù mangia coi peccatori
16,18 -19 Legare e sciogliere
18,15 -18 Legare e sciogliere
18,21 - 35 Quante volte perdonare?
26,27 Il peccato di Pietro
LUCA 6,27 - 38 Amore ai nemici
7,36 - 50 Una peccatrice
15,1-32 Parabole della misericordia
18,9-14 Un fariseo e un pubblicano
19,1-10 Zaccheo
23,33-34 Gesù in croce
23,39-43 Un malfattore perdonato
GIOVANNI 1,29 L'Agnello di Dio
8,1-11 L'adultera
9,40-41 I ciechi che non vedono
20,22-23 A chi voi rimetterete ...
ATTI DEGLI APOSTOLI
7,60 Stefano perdona
LETTERA AI ROMANI
5, 6-11 L'amore di Dio per i peccatori
7, 14 - 25 Situazione dell'uomo peccatore
SECONDA LETTERA AI CORINZI
5, 18-21 Il ministero della riconciliazione
LETTERA Al COLOSSESI
3,13 Perdonatevi!
LETTERA DI GIACOMO
5,16 Confessate i peccati
PRIMA LETTERA DI PIETRO
5, 8-9 L'arma del cristiano
SECONDA LETTERA DI PIETRO
2, 20 -22 Chi torna al peccato
PRIMA LETTERA DI GIOVANNI
1, 8 -10 Siamo peccatori
2, 1-2 Il nostro Avvocato
Per la preghiera:
SALMO 12 * 31 * 40 * 51 * 72 * 129 ...
INDICE:
1. I peccati cercano perdono
2. Parla I' “intelligenza” che hai
3. Il cieco non vede
4. La prova del nove
5. Il segreto del cuore
6. Vedere il segno
7. Una violenza preziosa
8. Un amore che vince il timore
9. Peccato, affare sociale
10. Un abbraccio eterno
11. Come un pastore di... porci
12. La festa strappata al cielo
13. I segni della comunione con Dio
14. Due confidenze
15. Sincerità
Nulla osta: don Iginio Rogger, cens. eccl. - Trento, 6 gennaio 1982.
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