OMELIE / Omelie IT
01 set 2013 01/09/2013 - 22ª Domenica Anno C
01/09/2013 - 22ª Domenica Anno C
1ª lettura Sir 3,17-20.28-29 * dal Salmo 67 * 2ª lettura Eb 12,18-19.22-24a * Vangelo Lc 14,1.7-14
“Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, così troverai grazia davanti al Signore. … E dagli umili egli è glorificato”. Quanto più una persona sta vicino al Signore, tanto più diventa umile, dolce, mite e semplice. L’umile gode la fiducia di tutti, sa star vicino a tutti, è gradito ai piccoli e ai grandi. Questi, se fan conto della loro grandezza, sono orgogliosi e superbi. E “per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male”. Sono preziose queste osservazioni, tanto più che sono di Dio. Egli stesso in tal modo si fa conoscere come umile. Umiltà quindi è la caratteristica di Dio e di coloro che gli appartengono. Maria, nel cantico da lei pronunciato, dice: Dio “ha guardato l'umiltà della sua serva”. Non che lei si vanti di essere umile, bensì gode della propria piccolezza e povertà, perché queste sono oggetto della attenzione e della compiacenza del Padre. Anche Gesù ci ha detto: “Imparate da me: io sono mite e umile”. Lo diceva già il profeta che il servo di Dio “non fa udire in piazza la sua voce”. È il Figlio stesso di Dio che è maestro di umiltà: da lui impariamo, dal suo atteggiamento, dal suo modo di porsi vicino ai discepoli e vicino ai bambini, agli ammalati, ai sofferenti di ogni tipo.
E oggi egli parla proprio di umiltà con un paio di insegnamenti dati in casa di persone che l’umiltà non la conoscevano, o meglio, non la praticavano. Gli invitati al pranzo, cui egli stesso era presente, cercavano i primi posti. Si ritenevano importanti, o tali volevano essere ritenuti dagli altri. Per un osservatore come Gesù, quelli erano davvero ignobili e inaffidabili: infatti, se cerchi di essere grande davanti agli uomini, sei disposto a pagare tale grandezza e vanagloria anche con la menzogna e con il disprezzo degli altri. Ecco quindi che Gesù dice chiaramente: “Non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro più degno di te”. Non bisogna mai escludere questa possibilità. Chi è superbo non la considera, ma solo chi è umile, chi accetta l’invito a pranzo come un atto di amore e non come un’occasione per mettersi in mostra. “Va’ a metterti all’ultimo posto”, consiglia Gesù. Qual è l’ultimo posto? È il posto di chi s’aspetta di servire, di chi trova la sua gioia nel servire e nell’amare i fratelli. È il posto di Gesù. Essendo il posto di Gesù, l’ultimo posto diventa il più bello, il più amabile, il più santo, diventa il primo! Per questo motivo “chi si umilia sarà esaltato”: chi cerca il posto di Gesù potrà godere il premio di Dio, sarà unito al Figlio e regnerà con lui.
Ma Gesù ha un altro segreto da trasmettere al capo dei farisei che l’aveva invitato. Chissà per quale motivo l’ha invitato! Ebbene, il nostro Signore vuole suggerire al suo ospite un modo di fare che gli meriterebbe la benevolenza di Dio e lo renderebbe ricco nel regno dei cieli. “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”. È, questo, un consiglio inaudito. Chi mai invita a pranzo, in casa propria, persone che sono considerate immonde? E con ogni probabilità anche grandi peccatori se non addirittura maledetti da Dio? E poi, che gusto c’è ad invitare sconosciuti e poveracci? Non ci si guadagnerebbe nessuna considerazione tra le persone del mio rango! Gesù sta esagerando! No, egli ci rivela i modi di fare di Dio stesso, Padre e amico degli uomini. Dio invita tutti nel suo cuore, e lo ha fatto e lo fa attraverso di lui, attraverso Gesù.
Gesù è il “Dio con noi” ed è qui per invitarci a tavola con sè. Ha moltiplicato i pani per i cinquemila e li ha fatti sedere tutti insieme senza chiedere che si allontanino i poveri e gli storpi, ha accolto tutti gli inviti a pranzo che gli sono stati rivolti, ha continuato la cena anche se era presente Giuda, il suo traditore. Con quei consigli Gesù non solo aiuta il suo ospite a vivere una fede più autentica e consapevole, ma anche rivela in modo più preciso la propria identità. Adesso conosciamo un pochino di più il Maestro. È lui l’invito di Dio che ci vuole tutti in comunione con sè!
Dio non ci vuole spaventare, né vuole trattarci come schiavi. Non usa metodi che mettano paura: questo poteva avvenire nell’antica alleanza, prima che lui stesso, in Gesù, venisse a stare nel mondo. Prima della sua presenza con noi, in noi avevano peso le nostre immaginazioni e fantasticherie, e per questo di Dio avevamo paura. Ora invece tutto ci parla di gioia, perché godiamo e ci rallegriamo della presenza del “Dio con noi”! Così ci istruisce la lettera agli Ebrei. Non abbiamo bisogno di essere grandi, anzi, a fianco di colui che è davvero grande godiamo di essere piccoli e semplici, godiamo di crescere nell’umiltà!
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