OMELIE / Omelie IT
22 apr 2018 22/04/2018 4ª Domenica di Pasqua - B
22/04/2018 4ª Domenica di Pasqua - B
preghiera per le Vocazioni
1ª lettura At 4,8-12 * dal Salmo 117 * 2ª lettura 1Gv 3,1-2 * Vangelo Gv 10,11-18
Questa 4ª domenica di Pasqua è chiamata «del buon Pastore», perché il Vangelo ci presenta Gesù attraverso l’immagine che egli stesso ha usato: “Io sono il buon pastore”. Egli descrive poi dettagliatamente la fatica del pastore buono, contrapponendola a quella del pastore mercenario.
Per comprendere il significato completo di questa immagine dobbiamo ricordare almeno qualcuno dei molti passi dell’Antico Testamento in cui viene usata. Nel libro del profeta Ezechiele Dio rimprovera i falsi pastori d’Israele e promette che egli stesso pascerà il popolo, e lo farà tramite il suo servo Davide (ovviamente il suo discendente, perché Davide era di qualche secolo prima!). È poi noto il salmo 22, il salmo che comincia: “Il Signore è il mio pastore”. Presentandosi come il “buon” (anzi, bel) pastore, Gesù perciò rivela se stesso come l’Inviato di Dio, Dio stesso che si fa presente in mezzo a noi!
Attraverso questa immagine Gesù ci fa sentire quanto egli ami ciascuno e tutti i suoi discepoli! Tenerezza, dolcezza e fermezza, sicurezza e pienezza di vita sono l’atmosfera da cui si sente avvolto chi può contare su di un «buon» pastore! La pecora, o meglio il discepolo che segue Gesù, non avrà più paura quando si avvicina il pericolo, cioè il lupo che vuole rapire e disperdere. “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me”, dice il salmo del pastore! Il cristiano non solo può contare sulla protezione dal nemico, ma anche e soprattutto su un rapporto personale d’intimità, di confidenza. “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me…”! E inoltre egli sa di essere inserito dal suo Signore in una comunità, sa che da Gesù gli viene donata comunione e armonia con tutti gli altri, anzi, anche con persone appartenenti ad altri popoli e nazioni. “Ho altre pecore che non sono di quest’ovile”: Gesù è pastore non solo per il popolo ebreo (quest’ovile), ma anche per gli uomini di tutto il mondo. Anche coloro che seguono le varie religioni del mondo troveranno in lui colui che li ama e li prende con sé per condurli al Padre: altrimenti non arriverebbero mai a conoscere e ad amare Dio come Padre, e mai saprebbero d’essere da lui amati; sarebbero costretti a vivere costantemente nella paura di un Dio sconosciuto, con tutte le conseguenze della paura, cioè egoismi, lotte, soprusi.
Per dare al discepolo questa serenità e sicurezza Gesù deve mettersi in mezzo, tra noi e il nostro nemico, così da dare la vita. Egli la offre generosamente, volutamente, con decisione. Così egli ci mostra e ci dona il suo amore. Davvero egli è buon pastore!
A questo punto ricordiamo come Gesù risorto, incontrando Pietro sulla spiaggia del lago, dopo essersi assicurato del suo amore per lui, gli ha affidato tre volte il compito di pascere le sue pecore. Gesù pastore dà ai suoi apostoli l’incarico di essere per i credenti in lui il segno concreto e visibile della sua presenza. Per questo oggi, con tutti i nostri fratelli sparsi nel mondo, preghiamo perché il Padre chiami e mandi persone che rendano viva e tangibile la presenza di Gesù pastore: preghiamo cioè per le vocazioni sacerdotali, perché nelle varie comunità ci sia sempre qualcuno che esercita il ministero della tenerezza e della fermezza, della guida e della cura necessarie per tenere uniti, difesi e nutriti del vero cibo spirituale i fedeli.
Nella prima lettura S. Pietro ci aiuta a ricordare che Gesù è l’unico salvatore, l’unico che possa renderci graditi al Padre. Dobbiamo perciò voler rimanere sempre nel suo gregge per non lasciarci disperdere dal nemico. Con la sua morte Gesù ha realizzato la nostra salvezza, e i miracoli compiuti nel suo nome anche dai discepoli testimoniano la sua risurrezione, e sono quindi garanzia che lui, e lui solo, è il fondamento della nostra fede e della nostra speranza.
Nella sua persona vediamo e sperimentiamo il grande amore del Padre, di cui ci parla ancora s. Giovanni (2ª lett.). Il grande amore del Padre fa di noi suoi figli! Cosa ciò significhi per lui non lo possiamo sapere se non quando conosceremo pienamente lui, quando lo vedremo in tutto il suo splendore: e ciò avverrà nell’eternità. Intanto godiamo di essere accompagnati dalla sua tenerezza di pastore, condotti dalle sue indicazioni, saziati del suo pane, dissetati dalla sua acqua viva, corretti e difesi dal suo bastone, osservati e protetti dal suo sguardo pieno di gioia!
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